Siam partiti alle 14 del 15 luglio per correre la settima edizione della massacrante 100 km, l’ultramaratona di Asolo.
Per noi appassionati di questa disciplina è ormai un appuntamento imperdibile; nella corsa trevigiana è garantita emozione, fatica, ma anche tanta soddisfazione e pubblico ad applaudire dal primo all'ultimo atleta. Una corsa spettacolare che richiama partecipanti provenienti da tutta Italia, e dall’estero, spettacolare come la città che la ospita, definita, da Giosuè Carducci, “la città dei cento orizzonti”. Asolo è uno dei centri storici più suggestivi d’Italia, raccolta entro le antiche mura che si diramano dalla Rocca, fortezza del XII secolo, conserva in ogni scorcio testimonianze della sua millenaria storia.
Luogo di fascino sui dolci colli, la città fu meta di poeti e scrittori, artisti e viaggiatori, che qui trovarono ispirazione ed armonia. Tra questi la Divina del teatro, Eleonora Duse.
Tra i tratti più duri e affascinanti che affrontiamo, da menzionare è la Forcella Mostacin, a cui si aggiunge la Strada degli Alpini, l'ascesa verso Cima Grappa. Toccati, tra gli altri, i comuni di Maser, Monfumo, Cavaso, Possagno, Paderno, Borso del Grappa, Pove, Romano d'Ezzelino, Solagna, Castelcuccio e Crespano, tra la provincia di Treviso e di Vicenza.
Ma veniamo alla cronaca: il sabato mattina della gara, aperta la finestra della mia stanza, e accolto da uno splendido sole, ho modo di osservare la catena del Monte Grappa in tutta la sua magnificenza; la stradina che sale, zigzaga nel bosco, per poi tagliare il costone della montagna e giungere sulla cima più elevata, ove sorge il sacrario militare, nel cui corpo centrale sono custoditi i resti di 12.615 caduti, di cui 10.332 sono ignoti.
La sua vetta, in località Cima Grappa, misura 1775 m, ma il suo territorio è caratterizzato dalla presenza di molte altre cime (tra le principali Col Moschin, Colle della Berretta, Monte Asolone, Monte Pertica, Prassolan, Monti Solaroli, Fontana Secca, Monte Peurna, Monte Santo, Monte Tomatico, Meatte, Monte Pallon e Monte Tomba), teatro di scontri decisivi nel corso della Grande Guerra.
Il Monte Grappa è considerato una delle salite più belle d'Italia; la sua lunghezza ed il dislivello ne fanno una salita impegnativa, da qualsiasi versante si affronti.
Dopo aver svolto i rituali di rito, il ritiro pettorali, gli scambi di battute con gli amici, le foto, i selfie, arriva il momento più atteso.
Attraversato il paese su un comodo selciato, la strada ci conduce dinanzi Villa Barbaro a Maser, costruita dal Palladio tra il 1554 e il '60, e decorata con un ciclo di affreschi che rappresenta uno dei capolavori di Paolo Veronese.
La giornata si rileva abbastanza calda, dopo qualche km si sale nel bosco con ampi scorci verso la vallata, per poi affrontare la forcella Mostacin che collega i due versanti dei clli Asolani. Sul percorso, i punti di ristoro sono puntuali, c'è sempre parecchia gente a fare assistenza, disponibile e cordiale.
Arrivo a Possagno, il paese di Antonio Canova e delle fornaci, qui ci deviano per la sua casa-gispsoteca-museo. Su tutto domina, in suggestiva posizione panoramica, elegante e monumentale, il Tempio del Canova che raggiungiamo tramite un lungo rettilineo. Sono al 30° km con largo anticipo sul tempo limite stabilito dall'organizzazione.
Il percorso gira a destra con uno strappo di almeno 500-600 m. ripidissimi, spacca gambe, sicuramente sopra il 10%, quasi un terzo di gara è andato; ormai arriva il salitone. Ecco, bivio a destra. un cartello indica la salita del Monte Grappa di 22 km al 7,2% di pendenza media e ca. 1500 m di dislivello; i primi km sono tosti, poi molla un po’. Adesso la strada si attesta sull’8-9%, se non di più, per almeno 6-7 km si affronta la parte con i tornanti. È dura, cammino con metodo e calma.
Terribile è la salita del Tomba, che si dipana nel tipico bosco pedemontano, per sbucare fra i prati e prendere, verso Ovest, la strada per Cima Grappa, “la Strada degli Alpini”. Continuo a camminare, tutti camminano. La salita è durissima, corricchiare è inutile. Siamo nel bosco delle conifere, quando la vegetazione lascia spazio alla vista il panorama è fantastico: già si vede tutta la vallata, la pianura, al sole. Si intravvedono i piccoli campanili, le chiesette dei paesini, là in mezzo c'è anche Asolo...
Ormai siamo a 1200 metri di altitudine, ma la salita si fa impossibile, adesso si fa fatica a camminare in posizione eretta, non molla. Si oscilla dal 12 al 15%, fino ad arrivare a toccare punte del 27%, e gli unici tratti dove si riesce a respirare ed a far riposare le gambe sono proprio gli stetti tornanti. Per mia fortuna un sollievo ci viene regalato dall’ombra degli alberi che sono presenti in quasi tutto il tragitto che porta al bivio.
Alla fine dei tornanti è posto lo speaker, che continua a ribadire che siano noi i veri protagonisti della corsa, noi che troveremo le docce fredde, ecc.; di lì a poco raggiungo lo scollinamento.
Arrivo all’ultimo tornante, sulla sinistra la scarpata è veramente suggestiva, panorama incredibile, non resisto, mi avvicino al guard-rail per guardare giù, mi stanno per venire le vertigini.
Adesso dovrebbero esserci 3-4 km di falsopiano, attorno a quota 1400 metri, poi il tratto finale di salita al Grappa. Respiro. Ricomincio a correre.
Attorno al km 39 c’è il check point ove è posto il “cancello” delle 7,5 ore, passo tranquillamente, il tempo di fermarmia mangiare, bere, cambiarmi e riparto. Adesso si corricchia un po’, poi la salita riprende, ma per alcuni chilometri è solo al 4-5%. Mi ricordo che in questo punto l’anno scorso ero in compagnia di un podista-militare che mi descriveva i luoghi della battaglia. Straordinari sono gli scenari che la montagna dagli infiniti orizzonti sa offrire generosa; i suoi sconfinati pascoli verdi, le malghe che regalano un senso di pace e relax.
Al 45° km, sono passate le 9 di sera da poco, inizia a fare scuro. Ultimi chilometri, tutti tra l’8% ed il 10%, riprendo a camminare, inutile spendere energie. In pochi minuti scende il buio. Stiamo aggirando il Monte Meate, fin sul fondo della val delle Mure. Siamo immersi nel tipico ambiente dei pascoli del Grappa e la strada costeggia in piano un laghetto, consentendo di gustare con calma l'aria frizzante ed il paesaggio. Poi si riprende a salire la Val delle Mure, non decisamente, ma a strappi intervallati da brevi falsipiani, fino alla bella apertura del Pian della Bala. Proseguiamo per la via delle gallerie e siamo ormai in vista del rifugio Bassano che si scorge in alto.
Ormai lo si vede, il Rifugio del Monte Grappa è li davanti a noi, bello e imponente che sembra scrutare tutta la zona sottostante. Finalmente conquistiamo questa stupenda vetta, dal piazzale si sale verso l’ossario mi prende un groppo alla gola per l’emozione nel pensare al sacrifici dei nostri soldati nelle trincee, a quei resti della IV armata che aveva combattuto sulle Tofane e sul Col di Lana. Il sole è da poco tramontato. le creste delle cime a nord si tingono di rosa, la vista a 360 gradi è a dir poco sublime. Sembra quasi di essere in capo al mondo, la pianura sembra perdersi all’orizzonte. E’ un emozione unica che lascia il segno.
Si arriva al 50° km, il cambio, un piatto di pasta e si riparte in discesa.
Una serie di tornanti stretti e poi giungo al bivio di Bocca di Forca, dove la strada tracciata dal generale Giardino, si interseca con quella principale tracciata dal generale Cadorna e proveniente da Romano d'Ezzelino.
Incontro il bivio di Campo Solagna. A Campo Croce inizia un falsopiano, è la volta poi di Romano d’Ezzelino, Paderno Borso del Grappa. Una discesa di 27 km con 21 tornanti non è cosa da poco. La strada ricomincia a salire per qualche km, è l’ultima salita prima di quella intermedia e quella di Asolo, il cui castello si scorge tra mille luci ma è ancora distante, una quindicina di km che non passano mai. Il bivio non vuole arrivare, poi finalmente inizia l’ultima erta e, tra ville liberty e antichi palazzi, ritorniamo nel punto da dove tutto ha avuto origine. Si riaffronta la discesa, poi si intravede la chiesetta di Caselle d’Asolo. E’ finita.
Ringrazio tutti gli organizzatori e i nuovi amici conosciuti lungo il percorso per la compagnia che mi ha permesso di superare i tanti timori e le situazioni insite in un gara di tal fatta. Si è trattato ancora una volta di un viaggio interiore che ognuno fa dentro se stesso e che solo le lunghe distanze permettono di realizzare.
Come in tutte le ultra maratone, difficilmente si resta indifferenti, esse lasciano un segno indelebile che serve come esperienza per affrontare nuovi limiti. Ciò che rimane è un bagaglio umano di notevole spessore, ci si mette in gioco per testare la propria resistenza fisica, la capacità di sostenere certi ritmi, superare i propri, ascoltare interiormente se stessi, le proprie emozioni, le fatiche, percependo alla fine valori essenziali quali il rapporto con gli altri.