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Dopo un anno, ritorno dal Mare Adriatico alla mia amata Amatrice, circondata da verdi monti coperti di fitte cortine di boschi, attraversando la feconda vallata del Tronto, su cui si affacciano paesini trasformati in cumuli di macerie, lo sguardo su quello che resta di loro è una spina nel cuore.

 

Non posso percorrere la classica strada che, dalla consolare Salaria, conduce alla capitale dell'Alta Sabina perché è impercorribile, allora, attraverso il Lago di Scandarello e dal paesino di San Benedetto, raggiungo la strada del percorso di gara, intorno al sesto chilometro e mezzo, per poi ridiscendere verso Amatrice.

 

E' tempo di tornare indietro nel tempo per rivedere ciò che era e che non sarà più per noi che siamo passati da case in pietra e cemento a minuscole abitazioni prefabbricate, tutte uguali ed anonime, ubicate fuori dai centri abitati che ormai sono cumuli di macerie... e quando va bene sono case capovolte.

 

Decido di non correre, mi tremano le gambe ed ho il fiato corto, prendo il primo bus navetta ed arrivo a Configno, piccolo scrigno su una collina, con il suo filare di querce. Qui sembra tutto come lo scorso anno, il grande prato con il palco al centro, la casina delle bruschette, il museo della civiltà contadina con un'enormità di oggetti del passato e gli antichi stornelli scritti sulla parete. Uno dice così: " C'è chi je feta il gallo la mattina, e guarda come è ingrata la fortuna, a mè me se lo magna la gallina" ed un altro: "La camminata tua me piace tanto perché cammini con il cor contento".

 

Sembrano raccontare le due Amatrice-Configno che ho visto correre nel pomeriggio, quella dei campioni africani che con il passo leggero ed implacabile hanno affrontato come sempre gli 8,5 chilometri d'asfalto, quasi tutti in salita, sospinti da un fresco vento di tramontana e quella dei tantissimi tapascioni e "bisonti" che si trascinavano sbuffando ed annaspando, dopo aver pagato 15 euro, verso un sognato piatto di amatriciana che avrebbero poi pagato altri 5 euro.

 

Il 18enne ugandese Albert Chemutai a fine gara sfoggiava un sorriso a denti bianchi: per il secondo anno consecutivo saliva sul più alto gradino del podio in 24'55". Con lui sorridevano anche il keniano Sammy Kipngetich (25'01") e l’altro ugandese Victor Kiplangat (25'05"), rispettivamente secondo e terzo. Quel poco che hanno vinto dalle loro parti vale ancora qualcosa, loro manager permettendo...

 

Dominio keniano al femminile con Jerop Vivian Kemboi prima in 29'45", davanti alla ugandese Adha Munguleya (31'05") e alla marchigiana Alessia Pistilli (32'32").

 

"Forza Amatrice!", gridavano in tanti scendendo verso casa, ma la sola forza non basta!

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