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Più che “Lago Maggiore Marathon”, dovrebbe denominarsi più propriamente “Golfo Borromeo Marathon”. E’ in questo breve tratto del secondo lago più grande d’Italia che si svolge la gara. Parte da Verbania Pallanza, raggiunge Stresa, e ritorno. Troppo pochi 21 km rispetto ai 170 km del suo perimetro. C’è da dire, però, che sono i più spettacolari, perché soltanto in questa parte lo specchio d’acqua raggiunge la massima larghezza di circa 10 km, e può definirsi lago, avendo per tutto il resto la morfologia di un fiume o di un fiordo, coronato com’è da monti.

 

Trionfa il francese alla distribuzione dei pettorali nel “Centro Eventi Il Maggiore”, situato in un luogo appartato della riva del lago. La struttura è avveniristica nella soluzione architettonica, ma trae ispirazione da uno degli elementi naturali che caratterizza l’ambiente: ha la configurazione di un cumulo di giganteschi massi arrotondati e anneriti dall’umidità, simili ai tanti dispersi sulla vicina sponda frammisti a sabbia.

 

Ha piovuto a catinelle per tutta la notte, ma il pensiero della rinuncia non mi sfiora neppure quando all’uscita dall’albergo una raffica di “mergozzo” e pioggia mi risospinge nella hall gremita di miagolanti giapponesi, che in serata si esibiranno in un concerto canoro nella chiesa bramantesca “Madonna della Campagna”, la più bella del territorio con la chiesetta romanica di S. Remigio. Ho guidato per 935 km per giungere fin qui, e non c’è tormenta che possa fermarmi.

 

E straniero in patria mi sento anche alla partenza, attorniato da transalpini che incessantemente si esprimono nel loro idioma martellante sotto la pioggia altrettanto incessante e battente. I più coraggiosi si dispongono sul lungolago di Via delle Magnolie dietro l’arco, disegnando una colonna sinuosa e lunghissima. Dicono che siamo in 1600 nelle quattro gare (10, 21, 33, 42 km). Chi non se la sente di sfidare a viso aperto la tempesta attende lo sparo al riparo di balconi e grondaie per poi accodarsi al serpentone. Per non incorrere in malanni e guai vari, ognuno ha provveduto a modo proprio ricorrendo al costoso abbigliamento laminato o al sempre insuperato sacco d’immondizia. E’ questo il momento più problematico, in gara tutto diventerà più facile e sopportabile. Anzi, la pioggia costringerà ad essere più veloci, per farla finita quanto prima; anche chi è solito fare alcuni tratti al passo dovrà ridurli per imbarcare meno acqua possibile.

 

Si va in direzione del Promontorio della Castagnola con a destra il lago, triste e funereo, sotto lo sguardo piangente dell’isoletta di San Giovanni e dell’Isola Madre. Oltre, il panorama non va, e la pur vicina riva lombarda è preclusa alla vista. E’ stato percorso soltanto qualche centinaio di metri, e già siamo sulla dolce salita, dove il Lago Maggiore ci mostra uno degli elementi che lo caratterizzano, e cioè la presenza di parchi e strutture naturalistiche d’immenso valore. Villa Taranto, che occupa la parte settentrionale del Promontorio, ne è uno splendido esempio. Oggi, tutto il paesaggio ha assunto un unico triste colore invernale. Venerdì, la giornata è stata splendida, e in macchina ho percorso tutto il perimetro sconfinando in terra elvetica; il lago presentava un fascino romantico fatto di colori cangianti e paesaggi sfumati.

 

Villa Taranto alla Castagnola segna il limite settentrionale del Golfo Borromeo, mentre Villa Pallavicino a Stresa quello meridionale, quasi a voler rimarcare la vocazione naturalistica del territorio. Pertanto, toccato il Promontorio, si torna indietro attraverso i larghi viali moderni della città, per rivedere il lago intorno al 4° km, situato alla nostra sinistra. Si viaggia a spron battuto verso l’altra punta di questo percorso arcuato teso fra Verbania e Stresa. Su questa sponda settentrionale si corre aderenti al lago, e la strada, seguendone le sinuosità, risulta ricca di curve che spezzano il ritmo.

 

Continua a piovere e il vento a soffiare. L’errore più grande è quello di ritirarsi. Una volta raccolti dalla scopa, per quanto tempo si rimarrà bagnati fracidi prima di essere portati all’arrivo? E’ meglio andare avanti! Questa alternativa non è permessa ai numerosi volontari che stanno dritti e imperterriti a sfidare il difficile momento.

 

La vista del lago scompare nel tratto Fondotoce-Feriolo, tra il 9° e 13° km, dove il lago forma un cul di sacco. Il percorso continua ad essere pianeggiante, la pioggia a cadere e il vento a sibilare. Qualche piccola confusione la crea la segnalazione del chilometraggio per via delle quattro gare contemporanee.

 

Ora si corre sulla sponda meridionale del golfo, e si rivede il lago. La strada diventa larga e rettilinea. In questi ultimi chilometri, il percorso diventa ondulato con altimetria che oscilla fra i 198 m e i 208 m. Aumentano le difficoltà, ma anche la bellezza del paesaggio man mano che si va verso Baveno e, soprattutto, verso Stresa. E’ tutto un succedersi di parchi e giardini con lussureggiante vegetazione mediterranea che circondano grandi ville e lussuosi alberghi. Prevale il gusto eclettico, e in parte il Liberty. Dal lago emergono l’Isola Bella, dominata dal sontuoso Palazzo Borromeo, e l’Isola dei Pescatori, sede di una romantica cena durante le 10 maratone del lago d’Orta. E’ dal 1800 che trionfa la villeggiatura, la voluttà, Bacco, Tabacco e Venere. Sempre in occasione di una gita durante le 10 maratone del lago d’Orta, scendendo dal Mottarone sul lago Maggiore, al mio sguardo apparve per prima la maschia fortezza di Angera e la dirimpettaia rocca di Arona, segno che un tempo era Marte a farla da padrone.

 

Piove ancora al giro di boa di Villa Pallavicino. Sono uno degli ultimi, ed allungo il passo per concludere la gara nel più breve tempo possibile. Non mi interessa il paesaggio visto dalla prospettiva di ritorno. Mi preme soltanto tagliare il traguardo quanto prima. L’unico pensiero va alla doccia calda che mi aspetta dopo l’arrivo. Mi appare come la cosa più desiderabile del mondo.

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