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Bambini 450x338L’idea d’incominciare a correre nacque improvvisa, e si trattò del colpo d’ala giusto per superare il duro scontro con una realtà poco desiderata.

Sembra passata una vita e, invece, sono trascorsi appena sei anni da quando decisi che era ora d’inventarmi podista e di cimentarmi in una maratona. Per farlo nel concreto mi toccò però battagliare: i miei desideri s’infrangevano impotenti sull’insuperabile barriera creata dalla onnipresente cervellotica clausola burocratica, e ci vollero alcuni mesi prima che si riconoscesse il mio buon diritto a zampettare per le strade. Ma, alla fine, giunse il sospirato giorno ed anch’io, in fondo al folto gruppo, ebbi modo di udire, sia pure a malapena e da lontano, il classico colpo di pistola che annuncia la partenza.

Sarà certo a causa di questa mia inusuale esperienza iniziale, se prediligo la corsa per la corsa — sia pure condita con un naturale piglio di non prendere nulla alla leggera e di cercare, perciò, di fare sempre del mio meglio — e ho al contrario poca simpatia per la corsa immolata sull’altare del consumismo.

Pur nel rispetto del pensiero altrui, non riesco ad entrare in sintonia con chi snatura la nostra comune passione a livello di semplice merce, rendendola del tutto simile ad un telefonino o ad un qualsiasi bene da cui conseguire un possibile status. Per questo mi tengo lontano dalla maratona di New York, che per certi versi rappresenta, mi si consenta l’ardita espressione, la massima manifestazione di feticismo podistico, e dai trail e dalle ultra che inaspriscono oltre misura i dislivelli e le difficoltà per rendere più appetibile la propria mercanzia. Ciascuno è naturalmente libero di vivere la corsa come meglio crede ma, fosse per me, eviterei questa deriva per le corse estreme ponendo dei limiti all’esagerazione, quanto meno per non doversi poi stracciare le vesti a disgrazia avvenuta. E piangere le lacrime del coccodrillo, quando ormai non si può più porre rimedio.

Riguardo alle ultra, le mie colonne d’Ercole sono rappresentate dal Passatore. Oltre ravviso il rischio dell’ignoto; ma anche nei pressi è il caso di pensarci bene. Ed è quello che faccio da tempo, in attesa che la mente accetti di sobbarcarsi una fatica per certi versi innaturale: malgrado aspiri anch’io all’avventura, non desidero affrontarla affatto alla cieca, e rischiare magari di ridurmi a camminare per quasi tutti i 100 km.

Ma, nel mentre sfoglio la margherita, una curiosità fa capolino: dovessi correre il Passatore, quanto tempo finirei per metterci? Oppure ponendo il quesito più a livello generale: dato un certo personale nella maratona, qual è il riscontro cronometrico atteso nel Passatore?

Traducendo il tutto in formula, sarebbe come chiedersi: dato un personale nella maratona pari al tempo Tmaratona, qual è il fattore moltiplicativo (F) più appropriato per calcolare il tempo ottenibile nel Passatore? e quindi  

 

            (1)   TPassatore = F * Tmaratona

 

Il che chiarisce subito che la qualità della prestazione realizzata nel Passatore aumenta al diminuire del fattore F.

 

Tuttavia, per comprendere meglio i calcoli che successivamente richiamerò, ritengo forse più utile la seguente formulazione direttamente ricavabile dalla (1)

 

           (2)   F = TPassatore / Tmaratona

 

che esplicita inoltre come questo nostro fattore moltiplicativo è di fatto il rapporto tra il tempo ottenuto nel Passatore e quello conseguito nella maratona.         
Per arrivare ad una stima di tale entità ho preso in considerazione le edizioni del Passatore svolte dal 2005 sino ad oggi e, sulla base delle classifiche, ho desunto gli atleti che vi hanno partecipato e la migliore prestazione dagli stessi conseguita. In pratica si tratta di circa 4.700 podisti i cui dati, a questo punto, ho incrociato con il mio archivio delle maratone per ricavare il personale ottenuto in quest’ultima gara nello stesso periodo di tempo.

 

Con tale operazione ho potuto inoltre desumere i podisti che non hanno un riscontro cronometrico nelle maratone, in modo da escluderli dall’indagine, e, nel contempo, quelli per i quali non è possibile risalire al loro primato. Successivamente, con le prime elaborazioni, ho eliminato una decina di record che presentavano dei valori astrusi, dovuti per lo più alle trame truffaldine messe in campo dai furbetti di turno. Al termine di questi interventi di pulizia mi sono rimasti 4.075 record — un campione statisticamente più che consistente (91%) dell’universo — su cui basare l’indagine.

 

Calcolato in base alla formula (2) il rapporto F per ciascuno dei 4.075 podisti in esame, s’è potuto riscontrare che nel 99,56% dei casi il valore di tale parametro è compreso in un intervallo con estremi 2,68 e 5,70. In pratica un atleta il cui record sulla maratona sia di 2:18:00 potrebbe conseguire nel Passatore, utilizzando il primo estremo, indicante la migliore ipotesi possibile, il record assoluto della manifestazione (6:09:50); impiegando il secondo, una prestazione che peggiore non si può (13:06:36), date le sue potenzialità.

 

Per fornire una prima risposta al nostro quesito, s’è a questo punto calcolata la media aritmetica dell’insieme degli F del nostro campione ottenendo un valore pari a 3,62.

 

In verità un valore decisamente troppo alto rispetto a quanto avessi a naso preventivato (più o meno sul 3,30), tanto da non poterlo ritenere valido in generale. Infatti, assumendo 3,62 come parametro comune, vorrebbe dire prevedere che un podista, in grado di correre una maratona in 3 ore, dovrebbe in media concludere il Passatore in un tempo prossimo a 10:31:30. In altre parole sarebbe come presumere che un atleta, passando da una competizione all’altra, peggiori la sua prestazione cronometrica da 4’16” al km a 6’31” al km, quindi d’una entità ben superiore al 50%. Il che pare decisamente eccessivo.

 

In effetti ci sono motivi statistici che spiegano in parte un valore così elevato della media aritmetica: quando la serie dei dati è un po’ troppo dispersa, e nel nostro caso lo è nei valori alti di F come si può notare dalla figura n. 1, la media aritmetica non è il migliore degli indici possibili, e per questo poi faremo ricorso alla mediana in grado, in questi casi, di riassumere meglio l’andamento del fenomeno. Ma le cause che più incidono su un risultato così deludente risiedono sicuramente altrove, ed alla base vi sono questioni squisitamente tecniche.

 

Con ogni probabilità sono due i fattori che incidono maggiormente: una certa mancanza di attitudine alla distanza (si vuol correre il Passatore, a prescindere dalle proprie caratteristiche tecniche) e, soprattutto, una preparazione spesso raccogliticcia.

 

Generalmente un amatore, per comprensibili motivi di tempo, non può certo permettersi un chilometraggio mensile adatto ad una gara di così rilevante lunghezza e, di conseguenza, all’atto pratico non adegua affatto la durata dei suoi allenamenti ma si accontenta di ritoccare appena la normale routine. Il più delle volte, molti si limitano ad intensificare l’abituale preparazione inserendo una maratona al mese, o poco più. Come dire che preparano una gara, che ha un chilometraggio più che doppio d’una maratona, incrementando d’una misura irrisoria (al massimo del 20%) i chilometri corsi in un mese. E probabilmente questa è anche l’unica variazione introdotta negli allenamenti, per cui con buona approssimazione si può affermare che la maggioranza non segue neppure alla lontana una preparazione specifica.

 

I risultati non possono che essere conseguenti: meno brillanti di quanto realisticamente ipotizzabile e sintetizzabili, sia pure con possibili aggiustamenti, da quelli identificata con la media aritmetica.

 

Occorre inoltre rilevare che le indicazioni emerse non sono le sole desumibili dai calcoli effettuati.
Considerando i valori di F disaggregati per sesso otteniamo infatti che le nostre amiche podiste sono in media nettamente più performanti di noi maschietti, un F pari a 3,46 a fronte d’un nostro deludente 3,64. In pratica, ciò significa che una podista è in grado di ottenere un riscontro cronometrico del 5,2% migliore di quello di un podista. Se il record sulla maratona è per entrambi di 3 ore, la donna è quindi in media capace di metterci mezzora abbondante di meno (10:22:45 contro 10:55:10).

 

Come si vedrà meglio in seguito, i risultati ci indicheranno che, a prescindere dalle caratteristiche oggetto d’esame, le donne presentano sistematicamente un valore medio del fattore F inferiore a quello dei maschi. Tutto ciò denota che le donne, con l’aumentare della distanza, contengono meglio la perdita di velocità e, in definitiva, sono dotate di maggiore resistenza; in aggiunta, con ogni probabilità, sono anche più coscienziose nella preparazione.

 

Ritornando al quesito iniziale, rammento d’aver addossato in gran parte alla cattiva preparazione l’entità troppo alta rilevata per il fattore F, facendo tuttavia presente che, da un punto di vista statistico, l’uso d’un indice come la media aritmetica non fosse del tutto appropriato alle circostanze. Vista la distribuzione dei valori di F, è perciò parso più conveniente appoggiarsi ad una misura di tendenza centrale meno influenzabile dalla presenza di dati anomali. Per questo ho fatto ricorso alla mediana che ha la caratteristica di mitigare gli effetti causati da una eccessiva dispersione.

 

In statistica, la mediana è il valore che occupa la posizione centrale in un insieme ordinato di dati ed è quindi anche di facile uso e comprensione. Nel nostro caso fornisce i seguenti valori per il fattore F: nel totale 3,55; per i podisti 3,57 e per le podiste 3,39.

 

Sempre utilizzando il solito esempio dei podisti con una base di 3 ore, le cifre ottenute porterebbero una podista a terminare la prova in 10:09:30, ben prima del rappresentante maschile che vedrebbe il traguardo dopo una corsa durata 10:43:00.

 

In pratica l’uso della mediana comporta un miglioramento, rispetto ai valori calcolati in precedenza, del 2,18% per le donne e dell’1,9% per i maschi e consente così di rappresentare meglio la realtà, tuttavia questa non appare sostanzialmente modificata: la prestazione cronometrica nel totale passa da un ritmo di 4’16” al km per la maratona a 6’23” al km per il Passatore, con una perdita di velocità di circa il 2% in meno rispetto a prima. È già qualcosa ma tutto ciò conferma, se ve ne fosse bisogno, le ipotesi sinora formulate, vale a dire che troppo spesso si affronta la lunga distanza senza la sufficiente attitudine e la necessaria preparazione. Più che alla prestazione cronometrica si punta pertanto alla semplice partecipazione, così da poter poi affermare che in qualche modo s’è arrivati al traguardo.

 

Si conferma inoltre una maggiore propensione alla fatica, ed alla distanza, delle podiste che si dimostrano più determinate e capaci di chi dovrebbe rappresentare il sesso forte.

D’altra parte anche l’analisi di altre caratteristiche conduce alle stesse conclusioni.
Valutando il valor medio di F disaggregato per i personali posseduti in maratona dai partecipanti (tabella n. 1), si scopre che tra i maschi le migliori performance sono conseguite da chi ha un record inferiore alle 2h40’ (3,33), seguiti da presso da coloro che corrono le maratone con crono superiori alle 4h15 (3,41), mentre risultano molto distanziati il gruppo con personali tra le 2h40’ e le 3h (3,61) e quello oscillante tra le 3h e le 3h20’ (3,72). Come dire che, fatti in una qualche misura salvi i più “forti”, i bistrattati tapascioni conseguono un risultato largamente migliore dei master più evoluti.

 

Per le donne le cose vanno un po’ diversamente per il semplice motivo che, a parità di riscontro cronometrico, corrisponde un valore atletico ben diverso, tuttavia il quadro rimane nella sostanza praticamente inalterato.

 

La spiegazione d’un esito così imprevedibile (tapascioni che sopravanzano la crema dei master) ha sempre le stesse radici. Se la preparazione avviene nei termini prima immaginati, aggiungere una maratona al mese comporta un aumento del 20% nel chilometraggio fatto da chi comunemente non oltrepassa i 200 km mensili (quantità più o meno consona per un tapascione) e del 10% da chi magari supera di solito i 400 km mensili, come accade per gli amatori più evoluti. Quindi aggiungere una maratona al mese implica un’incidenza differente per i diversi podisti; incidenza che nei valori estremi finisce per essere praticamente pari al doppio.

 

Per non rintronare del tutto il lettore, lascio da parte le analisi condotte su altre caratteristiche — salvo citare che nei maschi il valore di F non è neppure influenzato dalle età — e ritorno subito alla questione iniziale.

 

Dalla distribuzione delle prestazioni delle ultime edizioni della manifestazione romagnolo si è in conclusione ottenuto che nel totale si ha un peggioramento di quasi il 50% nel ritmo tenuto al km (42,88% per le donne e 50,73% per i maschi). Come dire che, se si è capaci di un ritmo di 4’16 al km nella maratona, il gruppo femminile correrà il Passatore con un ritmo di 6’06” al km mentre quello maschile non riuscirà a far meglio di 6’26” al km.

 

Sono prestazioni deludenti ma inevitabili, visti i presupposti.

Supponiamo però che i partecipanti si preparino nel migliore dei modi, quali riscontri cronometrici potremmo attenderci?

Per trovare risposta al quesito non possiamo che partire da una ipotesi: tra i 4075 partecipanti analizzati, coloro che hanno ottenuto le 50 migliori performance (in pratica, i top runner) hanno le più alte probabilità d’essersi preparati con scrupolo e, pertanto, l’utilizzo del loro fattori F come base dell’analisi risulta evidentemente necessario.

 

Esaminando i dati dei 50 atleti che hanno conseguito le migliori prestazioni nel Passatore, perveniamo ai seguenti risultati: le podiste hanno un valore medio di F pari a 2,87; i podisti di 2,92 e nel totale F assume in media il valore di 2,91. In base a tali parametri, i nostri soliti runner, capaci di 3h in maratona, concluderebbero la gara in 8:37:00 (se donne) e in 8:45:00 (se maschi).
L’aspetto rilevante che emerge da tali valori è che il divario nelle prestazioni cronometriche tra gentil sesso e sesso forte, pur rimanendo favorevole alle prime, è molto meno marcato rispetto a prima: 1,55% contro il 5,2% rilevato in precedenza. Tutto questo ha una giustificazione logica: la preparazione in questi casi è condotta con pari cura, e prescinde quindi dal sesso; la differenza dell’1,55% è pertanto prevalentemente dovuta ad una migliore predisposizione delle donne alle gare di lunga durata.

 

Tuttavia i risultati ottenuti non sono generalizzabili, in quanto derivano dal gruppo che ha maggiori motivazioni e che può contare su un allenamento, oltre che intenso, a volte anche assistito: attribuirli d’emblée a chi non è neppure lontanamente un professionista — e che non può dedicare una quantità analoga di tempo — sarebbe un’operazione del tutto nominale e di scarso rilievo. I valori dei top runner possono però fornire un ottimo riferimento con cui rivalutare i dati della distribuzione completa, magari utilizzando altri indici di posizione che aiutino a cogliere la gamma delle possibili evenienze.

 

Agli effetti pratici ho esaminato anche i valori ottenuti con altre misure di tendenza centrale, quali i quartili, pervenendo, con riferimento ad un generico podista dotato di discreta predisposizione alle lunghe distanze, con alle spalle un buon allenamento e capace di correre una maratona sulle 3 ore, alle conclusioni che riassumo di seguito.

 

1. Parlerei di prestazione d’eccellenza, qualora il master concluda la gara entro le 9h esprimendo cosi un fattore F leggermente inferiore o pari a 3;

 

2. Riterrei che ha realizzato una buona prestazione, se conseguisse un crono attorno alle 9:12:00 (fattore F pari a 3,07);

 

3. Considererei la sua una prestazione dignitosa, se tagliasse il traguardo entro le 9:25:00 (F pari a 3,14);

 

4. Gli darei una risicata sufficienza, qualora il tempo realizzato non fosse superiore alle 9:40:00 (F pari a 9,22, che è anche il valore del primo quartile).

Le donne, noblesse oblige, dovrebbero invece ottenere un tempo inferiore di circa l’1,55%.

 

Concludo dichiarandomi disponibile, qualora lo si ritenesse utile, a fornire le tabelle di comparazione costruite in base ai diversi possibili record conseguiti in maratona.

Figura n. 1 Distribuzione dei fattori di comparazione (F)

tabella nazareno



          

          

 

 

 














 

tabella valente 1

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