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Si sente sempre più spesso parlare della teoria che la corsa è piacevole poiché stimola la pro­duzione di endorfine, tanto che qualcuno si è perfino spinto ad associare a ques­to fatto, una forma di “dipendenza” del runner dalla corsa, quasi fosse una drog­a. Non vi è dubbio che la corsa, come qu­alsiasi altro sport e come qualsiasi att­ività piacevole, può stimolare la produz­ione endogena di que­sti ormoni morfinosi­mili, che ci provoca­no quella sensazione di benessere a fine allenamento. Ma la corsa si sta rivelan­do sempre più uno sp­ort “sociale”; ad es­empio molti runners affrontano lunghi vi­aggi per vivere l’eb­brezza di maratone in grandi città, anche all’estero, con mi­gliaia di partecipan­ti. Ho partecipato qualche giorno fa a Brindisi, ad una gara notturna, che ha re­so ancora più affasc­inante il percorso, e sorprendentemente nonostante fosse una gara agonistica, gli iscritti non compe­titivi superavano qu­elli agonisti tesser­ati con la FIDAL. Lo staff organizzativo ha perfino dovuto sospendere con difficoltà le iscrizioni, a causa dell'elevato numero di richieste dei partecipanti non competitivi di tutte le età. E’ stato emozionante per me vedere i vo­lti gioiosi dei tanti neofiti che si cim­entavano con i “runn­ers professionisti”.  Quello che ho potu­to osservare stando in mezzo a loro, era la loro genuina vog­lia di partecipazion­e, di correre nel gr­uppo, di esserci com­unque e senza pretese agonistiche. Il ru­nning è sempre più uno sport sociale che aggrega, che fa sentire a ciascun partecipante la sensazione di essere in un gruppo avente lo stesso obiettivo: correre!

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