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0 Stelvio Marathon 2017

 

Chiamatela come volete, basta che non me la togliate in futuro, la maratona dello Stelvio di sabato 17 giugno, partita all’esordio da Prad am Stilfserjoch/Prato allo Stelvio; e poco c’è da aggiungere alla cronaca di Fabio Marri che, anche col tonfo tra i mughi sugli alpeggi del Parco Nazionale dello Stelvio, è riuscito a vincere il suo premio di categoria della superlativa gara sudtirolese. Aggiungo poche mie osservazioni. Se sali da Bormio, questa maratona dalla spiccata vocazione trail la chiami Stelvio; mentre se provieni da Trafoi, il paese del leggendario Gustav Thoeni, la indichi come Stilsferjoch. Un giro di parole che richiede un ricorso di un logopedista. Alla fine gli stradaioli, che potevi notare a colpo d’occhio impacciati per come affrontavano le discese dei sentieri alpini, credo che abbiano optato per “Cima Coppi”.

L’anello iniziale dei primi 16 km lungo la Val Venosta obbliga a delle riflessioni. Glurns/Glorenza, un fiabesco borgo di poche anime, elevato nel Medioevo al titolo di città. Ma prima di entrare dentro la cerchia muraria di questa perla, a sinistra in alto non distante si scorge l’abbazia benedettina di Marienberg/Monte Maria, a conferma che qui il cristianesimo oppose una dura resistenza all’apostasia dilagante. Lungo l’amenissima ciclabile che costeggia l’Etsch/Adige, quello che sembra essere un monumento evocante una piramide azteca è invece la discarica; e siamo in Val Venosta, un paradiso in terra, non nella terra dei fuochi: non emana miasmi né vedi ammassarsi uccelli spazzini, come in quella famigerata di Malagrotta della Capitale. Ma allora è un fattore culturale, che nella gran parte dello Stivale non si realizzi mai nulla, se non infinite dispute con travasi di bile; mentre in alto Adige/Sudtirol risalta all’occhio di chiunque come il rigore teutonico, la comprensione della popolazione e una amministrazione capace fa sì che un impianto del genere possa essere collocato ai bordi del Parco nazionale dello Stelvio. Una cosa simile esiste anche a Toblach/Dobbiaco, ai piedi della Croda Baranci! Mi sento dire che questi tedeschi italianizzati sono freddi e non simpaticissimi di primo acchito. I soliti luoghi comuni. Un dato inconfutabile è che anche i dati economici indicano che sono bravi, sebbene gli stupidi esistano dappertutto.

Dagli anni novanta, in cui venivo a trascorrere le vacanze in Val di Solda, ho notato una crescita esponenziale del turismo ecosostenibile. Un’infinità di ciclisti si radunano a Prad /Prato per affrontare il “tiraccio” del Passo dello Stelvio, e poi far sfoggio dell’impresa cogli amici al bar dello sport. Come se non bastasse, per suggellare l’attrattiva planetaria del sito, l’Alfa Romeo ha chiamato “Stelvio” il suo primo SUV (ne erano presenti tre modelli alla partenza della maratona, che fungevano da battistrada), e una mia pia illusione era che uno di questi fosse il premio a sorteggio per i fortunati arrivati. (Da allocchi proprio è pensare una cosa del genere). Ma io non sono certo il tipo che mi faccio sedurre dal mondo. Quindi, quale migliore regalo ci si poteva aspettare, se non avere la resistenza fisica e arrivare alla Cima Coppi con una giornata del genere? Un cielo sereno e terso ha trasformato i terribili restanti ventisei km di salita al valico, con il conforto di una fitta rete di ristori, in una sequela interminabile di emozioni: la Val Venosta dalle perfette geometrie delle coltivazioni e dalle svettanti guglie dei campanili degli incantevoli borghi, come in una rappresentazione pittorica leonardesca; il paese di Stilfs/Stelvio raggiunto al termine di uno strappo terrificante; il colpo d’occhio - infinito - sul re Ortles, le valli di Solda e di Trafoi e i sette km finali di asfalto con i 25 tornanti (mitici ma meno romantici) della strada statale 38 chiusa al traffico fino alle ore 17,00!

Sembra incredibile ma è stato così: solo con pochi ciclisti, tra l’altro educati, mi sono imbattuto. (Situazione diversa, invece nel versante lombardo. A quota 2758 regnava la “pipinara” di ciclisti e motociclisti).

Efficiente è risultato anche il servizio di ritorno, entrando in Svizzera per il Passo Umbrail, dalla lussureggiante Val Müstair con cambio di mezzo in territorio elvetico a Santa Maria. Alle ore 16,30 mi sono ritrovato già a valle, con un accenno di cinetosi, per cui il pasta party offerto dall’organizzazione è stato disertato. Gli obblighi familiari impongono l’immediato rientro a casa. Tuttavia, a Merano la sosta al possente e scenografico stabilimento di birra situato all’imbocco della Val Venosta è stata quasi un dovere, per recuperare le energie e affrontare l’altra maratona di 650 km in auto. Salsiccia meranese, crauti, canederli, kaiserschmarren e strudel, questo è stato il mio menù senza essere stato spennato: non mangio certo le cozze in Alto Adige/Südtirol!

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