Ultramaratona e dintorni
7^ Ultramaratona del Tricolore: on line video e foto
Los Alcazares (Spagna) - IAU World 100k
-
Val di Zoldo (BL) - Dolomiti Extreme Trail
11 Giu, 2016 -
Faenza (RA) - 44^ 100 Km del Passatore
29 Mag, 2016 -
Seregno (MB) – 8^ La Cento Chilometri di Seregno
10 Apr, 2016 -
Faenza (RA) - 43^ 100 Chilometri del Passatore
31 Mag, 2015 -
Seregno (MB) - La 100 Km. di Seregno
23 Mar, 2015 -
Il caso Calcaterra - Di Cecco
02 Dic, 2014 -
Inopportuna la convocazione di Di Cecco ai mondiali
26 Nov, 2014 -
Caro Giorgio...
25 Nov, 2014 -
Run & Go festival - a Putignano il 4 e 5 Ottobre
05 Set, 2014 -
Banzi (PZ) - 6 ore dei Templari
05 Mag, 2014
“Euri” 25, ‘na figata, il pedaggio al Passatore per chi si iscrive all’alba del giorno dopo o poco più in là: modica cifra per staccare un biglietto sul tram dei sogni. Alle soglie delle 50 (non euri , ma primavere), traguardo ritenuto scontato nella società del benessere, ma non si sa mai, è d’uopo celebrare come si conviene, perché ai prossimi 50+50 si potrebbe anche non arrivare. Ciascuno festeggia a modo suo: una bella cena, una serata a ballare, una bottiglia di single malt scotch invecchiata 21 anni e un cubano (inteso come sigaro…), un viaggio in compagnia del partner/della zia/del cane o di tutt’e tre: io, da quando ho iniziato a masticare le lunghe distanze, sognavo di celebrare percorrendo le strade del Passatore. Stefano Pelloni, che cortese non era poi per niente, brigante, scaltro, omicida, impavido, tradito infine per una taglia talmente appetibile da far rintuzzare la paura che quell’uomo incuteva, morto a 27 anni, ancora vaga inquieto su per i passi appenninici quando la neve cade, l’aria si fa gelida e nel buio si materializzano le ombre di tutti i tuoi fantasmi.
Maggio alle nostre latitudini è un mese mite e generoso, tempo di sakura, del rifiorire della natura nel tepore di un sole già forte e rassicurante; la luna, mia inaffidabile consigliera, avrebbe dovuto splendere nella sua pienezza la notte tra il 25 e i 26 del mese. Ma quest’anno si sa, la stagione è stata piovosa, fredda e grigia, e le nubi hanno coperto i raggi degli astri del cielo, mentre l’acqua sferzava inclemente, fin dalla partenza, la corsa dei Passatori, per poi trasformarsi in nevischio alle 2 del mattino, nei 3 gradi sopra lo zero del Passo della Colla.
Parto da sola, lasciando l’auto a Poggibonsi, con le mie tre sacche, che a Firenze, dove diluvia come fosse San Noè, lascio su tre pullman diversi: una sacca per Borgo San Lorenzo, una per la Colla, una, con la roba per la doccia (come se di acqua non ne avrei presa abbastanza) per Faenza. L’impresa, quando sei solo come un cane, o meglio come un lupo affamato di risposte sul senso della vita, si complica alquanto. Anche perché, bisogna dirlo, l’organizzazione ci conta sul fatto che la gente venga con auto appoggio, camper, roulottes, stuoli di accompagnatori, cuochi e cucine da campo, offrendo a chi non ha niente di tutto questo il minimo indispensabile: alla Colla, due tende 3 x 3 m. dove cercare affannati e bagnati le proprie borse, senza nemmeno una (dico UNA) sedia e doversi spogliare davanti a tutti per mettersi i panni asciutti. Sempre meglio che a Borgo S. Lorenzo, dove mi sono cambiata per la strada.
E’ soprattutto la solitudine ad accompagnarmi lungo il tragitto, dove, come un poveraccio davanti alle vetrine del Morbidi, guardo con malinconia gli altri podisti fermarsi più volte presso le loro auto appoggio, isole di luce e tepore nel buio sconfortante della notte.
Loro si danno appuntamento, si fermano, si ristorano. Io continuo. La luce della lampada frontale diventa inefficace nella nebbia fitta, che la rifrange indietro riuscendo a illuminare solo la punta gialla delle mie scarpe. Nel buio denso di ombre ancor più scure, appaiono all’improvviso visioni di luci, fuochi fatui reali o immaginati a segnare la tua personale ascesa all’interno della tua anima. In realtà sono podisti come te, agghindati come alberi di Natale per timore di essere messi sotto dal traffico da rush hour delle loro stesse auto appoggio… sigh!
Poi la salita finisce, cominci a scendere, hai percorso la metà del cammino. Continua a piovere nel buio. I ristori offrono caffè tiepidiccio che sa di risciacquatura di piatti e brodo di dado che mi fa piegare in due, ai lati della strada, in preda a fitte alla pancia.
Le vesciche sono ormai al di là del bene e del male: quando la pelle dei mignolini si apre a ricciolo, come la buccia di una banana, mi pare di sentirne anche il rumore: ciiirrrrrrrkk! Mi capita spesso, e so che tra poco il cervello non terrà più conto del dolore, purché continui di corsa e non a passo.
Nel frattempo deve essere arrivata l’alba, perché si è fatto chiaro, anche se di sole manco l’ombra (ah, ah… di sole… manco l’ombra!), anzi, dai nuvoloni grigi bassi come ventri rigonfi ricomincia a stillare una pioggia stizzita e gelida. Ma si sa, io animale diurno sono, e le gambe, risparmiate doverosamente, come si conviene a nonna Abelarda, girano tranquille: gli 11,5 km da Brisighella a Faenza li percorro a 7’10’’, che, su quel tratto, equivale alla media di chi è arrivato intorno al trecentesimo posto. Supero almeno duecento persone, che alla fine, controllando poi la classifica, si riducono a non più di una settantina. Mah!
Nel frattempo sono arrivata, la piazza è semideserta, mi mettono una medaglia al collo e mi ridanno i miei tre borsoni, lievitati per il peso extra della roba bagnata. Nessuno si complimenta con chi arriva alla soglia delle 16 ore. 100 km non sono, evidentemente, lunghi uguali per tutti: per chi assiste, coloro che arrivano alle 7 del mattino sono poveri fessi. Per me, che ho fatto tutto quel tragitto in quel tempo di merda da sola, sono una discesa all’Inferno e la lenta risalita verso una nuova verginità.
Con un po’ di spiccioli mi comprò un caffè nel bar sulla piazza (salirne gli scalini non è agevole). Mi aspetta un lungo tragitto con le mie tre borse da trascinare nella mia personale Via Crucis (piazza - palestra delle docce ; docce - stazione Faenza; Faenza – treno per Bologna; Bologna - treno per Firenze; Firenze - treno per casa; ultima Stazione: letto). Ma intanto, seduta al bar, completamente fradicia e puzzolente, sorseggio il mio caffè nero e amaro come la vita, come quella lunga notte, beandomi nella consapevolezza di avere compiuto un’impresa tutta mia, tutta da sola, e sorrido.