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20 Nov, 2017 -
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14 Nov, 2017 -
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05 Nov, 2017 -
Il Parco protagonista sulle mezze maratone
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Lucca: la maratona, le mura e il buccellato
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Pisa – Cetilar Pisa Half Marathon
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Lucca Marathon 2017: il percorso, le novità
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G.S. Orecchiella protagonista a Lammari e Signa
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03 Ott, 2017 -
Pontremoli (MS) - 3^ Corri Pontremoli
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Trionfo Apuano alla Staffetta del Pioppino
26 Set, 2017 -
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13 Set, 2017
Già da un po' contavo nuovamente, dopo le edizioni 2013 e 2014, di tornare alla Tuscany Crossing degli amici Roberto Amandi, Aurelio Michelangeli e Fabrizio Seritti. Non potevo lasciarmi sfuggire l’occasione di correre un ultratrail da 103km e 3500 mt di dislivello positivo, e innamorato come sono della Toscana ed in particolare della Val d’Orcia, venerdì 21 alle 17 ero al ritiro pettorali a Castiglione d’Orcia, incantevole borgo medioevale tutto raccolto attorno alla splendida Rocca trecentesca dei Salimbeni dal quale, prima dell’alba sarei partito per quest’ennesima avventura.
Permettetemi di considerare sempre una competizione da 100 km un’avventura e, anche se stavolta non sono previste difficoltà tecniche, non vuol dire che vada presa sottogamba. Ogni gara ha un suo tasso di difficoltà, anche se solo di 10 km, figuriamoci cosa può succedere in 100! Quindi con la stessa umiltà di quando mi sono presentato al via della Grande Corsa Bianca della Lavaredo, alle 5:15 del sabato ero pronto per la Tuscany Crossing. Saluto qualche amico ultra non incontrato la sera prima (ormai siamo sempre gli stessi), e via partenza.
Il panorama è da mozzare il fiato: bellissimi paesaggi da cartolina si alternano a salite e discese mai estreme, ma di certo costanti in un sù e giù non facilissime da gestire; la tentazione di correre infatti è sempre dietro l’angolo, ma conosco i miei limiti e adotto la regola d’oro “passo svelto in salita, e corsa in discesa”.
Giungiamo in primis a Bagno Vignoni, senza dubbio uno dei luoghi più suggestivi di tutta la Val d’Orcia, situato lungo la via Francigena.Il borgo è rimasto immutato nel tempo ed arrivare nella piazza centrale è come immergersi nel passato. Spesso dimentichiamo che viviamo in un posto meraviglioso, ricco di aspetti naturalistici che in molti ci invidiano.
La Val d’Orcia è un connubio di arte e paesaggio, spazio geografico ed ecosistema e, proprio per la sua estrema bellezza ha consentito tramite la via Cassia per millenni le comunicazioni tra Roma ed il nord Italia. La valle è un eccezionale esempio di come il paesaggio naturale sia stato ridisegnato nel Rinascimento e rispecchi gli ideali del "buon governo" in cui l’armonia tra l’uomo e la natura raggiunge livelli sublimi. Le dolci colline ricoperte da una fitta vegetazione di vigneti, oliveti, cipressi, faggeti e castagneti, interrotta da antichi abitati di origine medievale, case rurali e rocche con torri impervie che si disperdono nell'isolata e tranquilla natura dei luoghi: è questo lo scenario che si presenta ai nostri occhi, scenario suggestivo proprio come ritratto dai maestri della scuola senese. E l’emozione che un tempo veniva trasmessa dalle tele del passato ora viene diramata attraverso il cinema. Proprio dalle produzioni del cinema italiano, con i registi Ettore Scola (L’arcidiavolo, 1966), Franco Zeffirelli (Romeo e Giulietta, 1968), ai film internazionali vincitori di prestigiosi premi come “Il Paziente Inglese” e “Il Gladiatore”, alle goliardiche commedie di Vanzina e Ceccherini, passando per Marco Tullio Giordana, Francesco Nuti, tanti registi hanno voluto ambientare qui i propri lavori, facendoci riscoprire questi tesori.
Nella bellissima vallata che noi attraversiamo, ricoperta di verdi campi di grano è ambientata la casa di Massimo Decimo Meridio. Anche i Campi Elisi, visitati in sogno dal “gladiatore” durante i suoi deliri, sono qui ambientati, con scene panoramiche e suggestivi controluce. “Li rincontrerai un giorno, ma non ancora… non ancora” recita il protagonista del film. La sfida era quella di cercare un luogo che assomigliasse ad un paradiso, seppur in terra. E’ stata scelta questa Toscana. Siamo tra San Quirico d’Orcia e Pienza, precisamente a Terrapille, un paesaggio fatto di prati e colline, di stradine morbide che s’insinuano su uno sfondo incantevole e struggente.
Ad un certo punto si resta incantati dallo spettacolo che si para davanti agli occhi, e le parole lasciano il posto al silenzio della contemplazione.
Tralasciando queste riflessioni, eccoci giungere, dopo una breve ma impegnativa salita, nella città ideale di Pio II, Pienza, un piccolo gioiello incastonato nelle dolci colline, con la sua splendida piazza, i suoi palazzi intrisi di storia, le viuzze e gli scorci carichi di romanticismo e toscanità. Ritengo che di ogni corsa si debba cercare di prendere il meglio, la dolcezza e piacevolezza di tutto ciò che ci circonda, e ciò fa la differenza.
Ma torniamo alla corsa; al solito, sono partito in modalità ’ragioniere’, con la priorità di mettermi subito al riparo dai cancelli: non che siano stretti ma basta una disavventura e si potrebbe essere fuori.
Il percorso ci dà modo di ammirare una collinetta che domina un tratto della Via Cassia nei pressi di Torrenieri, un caratteristico gruppo di cipressi sulle dolci colline valdorciane. Il paesaggio cambia continuamente nei colori. E’ la volta di San Quirico d’Orcia, borgo dalle origini antichissime, probabilmente addirittura etrusche: possiamo ammirare lungo il percorso le splendide rocche, la collegiata e la Pieve.
Il sole accecante non dà tregua; dopo vari saliscendi arrivo all’agognata meta del 53° con un tempo di circa 8 ore, ma piuttosto provato dalla fatica e soprattutto dal caldo. Il ristoro è posto a Montalcino, conosciuta in tutto il mondo grazie al famoso Brunello. Montalcino tuttavia non è solo vino, è anche una splendida cittadina ricca d’arte e di storia. Una città medioevale di impianto militare attraversata da vie strette e ripide. Mangio per bene al ristoro, scambio due chiacchiere con gli organizzatori e con dei ritirati che purtroppo non potranno godere del resto del percorso e riparto, in linea con i tempi previsti da tabella.
Dopo aver attraversato paesi senza tempo come Castelnuovo d’Orcia, una estenuante discesa tecnica conduce innanzi ad una tra le chiese romaniche più belle della Toscana, anzi, tra le più belle d’Italia, la cui origine si perde nella leggenda, ai tempi di Carlo Magno: Sant’Antimo, un luogo magico in cui ancora si possono udire i suggestivi canti gregoriani. La seconda parte della gara riserva una un percorso tra le colline composto da innumerevoli svolte e saliscendi; inizia la salita prima lieve e poi piu’ erta che ci condurrà a Vivo d’Orcia, ove ci attende un gustosissimo minestrone caldo all’interno di un locale riscaldato.
La fatica si fa sentire e per la prima volta dalla partenza mi siedo: il tepore dell’ambiente determinato dalla compagnia allegra di alcuni volontari con cui si chiacchiera volentieri crea un ambiente familiare da cui è difficile sfuggire. Ma come Ulisse non abboccherò al canto delle Sirene, e mi accingo a ripartire.
All’uscita il freddo mi avvolge ma in effetti si tratta solo di brividi dovuti alla stanchezza e alla notevole escursione termica tra interno-esterno. Si continua in salita, mi avvertono che è quasi finita, dopodiché un lungo tratto nel bosco ci condurrà a Campiglia d’Orcia, non prima di aver attraversato, attraverso un bosco incantato, il caratteristico sentiero dell’acqua mediante scalette e passerelle che attraversano rivoli e cascatelle di cui sentiamo solo il frastuono
Si arriva fino a 1100 metri di quota, e al 90° km, dopo quasi 20 km ininterrotti di salita, inizia la discesa liberatoria, attraverso Campiglia d’Orcia: un pasto caldo ci ristora permettendo di affrontare i due km di salita che, dopo innumerevoli svolte e passaggi anche tecnici, ci mostra dal basso la rocca di Castiglione come un faro per i viandanti allo sbando.
Alla fine, il sentiero scollina; ora vedo finalmente il traguardo, ora la fatica è spazzata via in un attimo dall’emozione della vista (pur annebbiata dalla stanchezza e dalle distorsioni create dalla frontale) dei Cinghiali, sei per la precisione, che attraversano il sentiero a pochi metri di distanza.
Gli ultimi metri aumentano in me i brividi. Vedo l'arrivo, taglio il traguardo e dentro di me dico “è finita”, ed è bellissimo!
L’immediato “post-gara” non è il vero e classico “terzo-tempo” dei Trail, ma è molto simile; a disposizione dei podisti c’è della pasta, carne, uova sode e vino.
La gara tecnicamente può essere divisa in due parti, i primi 50 km da Castiglione a Montalcino abbastanza scorrevoli con solo 1000 metri di dislivello, e i restanti 53 km più impegnativi muscolarmente con 2000 metri di dislivello e con tratti un po' più tecnici attraverso i boschi.
Usciamo dal locale salutandoci e dandoci l’arrivederci, complimentandoci con questa gente simpatica, aperta, sincera e cordiale, che vive in una zona stupenda.
Il trail è proprio un gran bel mondo; il tempo, in questo genere di gare, è davvero una variabile secondaria, un po' come i km, che sono sempre di più dei dichiarati, cosi come, a volte, anche il dislivello.
Arrivederci all’anno prossimo!