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In un giornalismo sportivo dove la tendenza all’iperbole è molto spiccata, anche per gesti che particolarmente eroici non sembrano, permetteteci di titolare così per Ivan Cudin, vincitore di tre Spartathlon, la mitica gara di 246 (duecentoquarantasei) chilometri che ripercorre i passi di Filippide in terra greca. Oggi lo abbiamo contattato per farci raccontare la sua storia.
Ciao Ivan, raccontaci i tuoi inizi sportivi
Giocavo a calcio nella mia città, a Codroipo. Difensore, dopo tutta la trafila delle giovanili a 18 anni ero arrivato alla prima squadra, ma con un infortunio al ginocchio è cominciato il mio calvario, fatto di tre operazioni, tutte senza esito. Costretto a chiudere col calcio, metto su qualche chilo, anzi qualcosa di più… Arrivo a pesarne 90 e la pressione è troppo alta per un ragazzo di soli 24 anni. Vada a correre, mi dice il dottore (ndr mai prescrizione medica fu presa così alla lettera ;-)
Quindi cominciano le gare?
Macché gare, correvo al parco e faccio amicizia con altri frequentatori, tra cui un signore settantenne che mi dice che sta per andare a fare una 100 km. Beh, ma se va lui non posso farla anche io, mi domando.
La 100 km magari era Il Passatore?
Esatto! Ed io non sapevo nemmeno di cosa si parlasse. Insomma vado, senza una vera preparazione, ma riesco a finirla in 12 ore o rotti.
Insomma, avevi già fatto la tua prima 100 e la tua prima 12 ore contemporaneamente..
Da lì mi decido a fare le cose più seriamente. In 2 o 3 anni la crescita mi porta a correre la maratona sotto le tre ore e quindi circa dieci anni fa mi sono lanciato decisamente
Con ottimi risultati. Dal 2006 il tuo curriculum mostra tante vittorie e piazzamenti in 100 km, campionati europei e mondiali sulle 24 ore ecc ecc. Poi però vedo un “buco” nel biennio 2012-2013
Eh si, li ho temuto di appendere le scarpe al chiodo. Per i precedenti calcistici mi manca il legamento crociato del ginocchio destro, in quel periodo sono subentrati altri problemi muscolari, ma con un gran lavoro con i fisioterapisti per trovare postura adeguata son riuscito a venirne fuori.
Come ti alleni?
Guarda, io ho un lavoro impegnativo a 130 km da casa, quindi già mi alzo presto alla mattina. Di solito faccio 1 ora durante la pausa pranzo ed un paio di volte doppio alla sera, oltre ai lunghi nel weekend.
Chi non corre da del pazzo al runner se dice che alla sera correrà per una dozzina di chilometri. Con Te cosa fanno? Chiamano direttamente il manicomio?
Ah ah ah. No ci scherzano e mi prendono in giro, ma mi conoscono e sanno che è il mio modo di essere felice
Come fai a sentirti pronto a una distanza che non provi mai in allenamento?
I miei lunghi non sono poi lunghissimi, al massimo arrivo a 60 km, ma ciò basta a creare il giusto metabolismo ed abituare il corpo ai meccanismi che serviranno per le manifestazioni clou. Poi mi capita anche di fare partecipare a gare solo in preparazione agli eventi più importanti ed in questi casi non do tutto.
La tua gara preferita è la Spartathlon?
Ovviamente. Sia per la sua storia che per le persone nei villaggi che hanno un attaccamento incredibile all’evento. Con molti di loro ho dei rapporti splendidi
Se dico doping e ultramaratone, cosa mi rispondi?
Guarda, io da un paio d’anni sono entrato volontariamente in un protocollo WADA di ricerca antidoping. Gli ispettori tedeschi, vengono sempre loro, mi hanno già visitato 4 volte. Francamente non credo che nelle ultra ci siano molti “dopati”. Può darsi un caso isolato, ma è un mondo ancora pulito, in fondo siamo ancora a livello “amatoriale”, lo sport puro.
Hai appena vinto la 24 ore a Soochow (Taiwan), il 21/22 Novembre
Non credevo di essere in condizione di poterla vincere. Tra l’altro appena sceso dall’aereo, complice il lungo viaggio, mi si è bloccata schiena. Con queste premesse sono partito molto prudente, mentre i favoriti, complice il terribile clima umido. Sono andati troppo forte all’inizio per cercare il primato personale ed hanno pagato questa scelta. Quella di Soochow è una gara splendida, una festa continua che non rende noioso correre su una pista di 400 metri (ndr ogni 4 ore fanno inversione di marcia). Il messaggio che si vuol trasmettere ai ragazzi del campus universitario è che le persone in difficoltà non mollano mai.
Per il futuro?
Beh, a quarant’anni è inevitabile sentire un leggero peggioramento nelle prestazioni. Poi tra calo fisico, infortuni in aumento diventa sempre più difficile allenarsi anche perché esistono i crescenti impegni della vita “normale”. La cosa non mi spaventa. Continuerò a corrermi per divertirmi come sta facendo un mio collega, un atleta giapponese che alla soglia dei 50 si è “rimodulato” e vive felice. Farò così anch’io
Fai bene. Buone corse, re di Spartathlon
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