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La maleducazione non ha diritto di cittadinanza alla FIDAL. Questa è la buona notizia che deriva dalla lettura di una sentenza emessa lo scorso 16 Novembre. Il Tribunale Federale ha condannato per le sue intemperanze un atleta pugliese che all'ultima edizione del "Trofeo Carosino in corsa" ha dato in escandescenze, prendendo di mira una Giudice di Gara.
Un comportamento da censurare al cubo in quanto:
1) maleducato
2) indirizzato ad una signora
3) che ha per bersaglio non un professionista, ma una persona che sostanzialmente svolge un'attività di volontariato. In altro modo non si possono definire i Giudici di Gara che regalano tempo, denaro e la loro capacità a fronte di rimborsi irrisori o inesistenti. Spinti solo dalla loro passione.
Ci sarebbero da aggiungere anche i futili motivi. Il tutto nasce dal fatto che l'atleta in questione, una volta terminata la gara, non si è ritrovato sulle classifiche stampate dalla società di cronometraggio e che i giudici in buona sostanza adottano come ordine di arrivo ufficiale. La causa della sua omissione, come gentilmente spiegato dalla Giudice a DDT (che non è l’acronimo del velenoso insetticida ma sono le iniziali dell’atleta), derivava dall'erroneo collocamento del chip sul corpo e/o dalla sua posizione in partenza, che non ha consentito di registrarlo al momento dello sparo. Posizione che prima del via era stata notata dai Giudici, che avevano invitato DDT a spostarsi. Inviti che erano restati inascoltati, verrebbe da dire, data l'importanza della finale olimpica a cui lo stesso stava partecipando.
I tre insulti, che omettiamo per decenza, sono costati alla società 367 Euro di multa ed una squalifica per due mesi a DDT. Insomma 122 euro e 20 giorni a parolaccia.
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