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Non parliamo qui di una competizione, almeno non nel senso classico della parola, ma della curiosità di un paio di persone forse malconsigliate, chedecidono di tirare un po’ in lungo un bel week end in montagna andando a “vedere”, come ad un tavolo da poker, cosa succede se dopo una gara di 90 km si prova a percorrere quella che è considerata la tappa più dura del Tor de Geants : Donnas-Gressoney, 51,5 km e 4.500 mt di dislivello positivo.
Il progetto nasce un po’ per scherzo, ma in breve diventa un impegno concreto: finito il Gran Trai Courmayeur, dormire qualche ora,portarsi in fondo alla Valle e da Donnas partire, destinazione Rifugio Coda, per arrivare a Gressoney passando da Niel. Il tutto in una tappa unica non stop di 25/28 ore. Diciamo subito che persone di buon senso e maggior esperienza smontano cotanto ambizioso progetto ridimensionando le cose, consigliandoci la partenza da Plan Coumarial (quota 1500mtslm) e non dai 300 di Donnas, dove per inciso picchiavano 35°. Già questo evita di percorrere il tratto più brutto del Tor,come lo definisce il buon consigliere, e di accorciare di almeno 5 ore il percorso.
Quindi partenza alle 14,30 per il Coda, che ci aspetta a 2224mt e che raggiungiamo poco prima delle 17; qui avevamo già preventivato di passare la notte per ripartire all’alba sulla seconda parte della tappa, in questo consigliati da una cara amica che di Tor se ne intende non poco: Lisa Borzani, che ci dissuade dal percorrere quel tratto di notte in solitaria: non la ringrazieremo mai abbastanza. La serata/notte al rifugio, che ci vede unici ospiti, è qualcosa che ricorderemo per molto tempo per la gentilezza della signora che lo gestisce, e che ci prepara tortellini in brodo,arrosto al vino con verdure, torta di cioccolato: tutti squisiti e non perché eravamo affamati! Di nostro ci mettiamo l’impegno di scolare un litro di ottimo Cabernet, giusto per conciliare il sonno che ci trova “in branda” alle 20,30 (normalmente a quell’ora sono ancora in ufficio), con l’accordo con la padrona di casa di essere a colazione alle 5 del mattino.
Dopo otto (!!!)ore di sonno e una colazione all’antica, con caffelatte pane burro e marmellata, alle 5,30 - zaini in spalla - siamo in cammino. Purtroppo nuvole basse impediscono la vista di quanto ci sta intorno, che riusciamo solo a intuire in brevi flash quando una folata di vento strappa qualche nuvola;dopo trecento mt e una curva ci troviamo soli in un mondo nel quale l’unica testimonianza di presenza umana è data dalla presenza di un sentiero segnalato. Non sappiamo ancora che per le prossime 9 ore incontreremo 3 camosci,una rana,e un malgaro (localmente, berger), con il suo simpaticissimo cane, che gentilmente ci indicherà(il malgaro si intende) una fonte per riempire le borracce specificando che “ non è potabile ma io la bevo da sempre”.
Rispondiamo che “quel che non uccide ingrassa” e facciamo rifornimento: non sarà l’unico della giornata e nemmeno il peggiore, e visto che siamo a raccontarlo, nessun problema. Proseguiamo in discesa e dopo un ripido sentiero che degrada rapidamente nel bosco arriviamo al Lago Vargno, punto di ristoro durante il Tor; attraversiamo sull’altra sponda passando sullo sbarramento artificiale che crea il lago stesso e iniziamo la salita al col Marmontana (2348 m). Il paesaggio cambia radicalmente e con esso il terreno, i sentieri appoggiano su una teoria infinita di rocce, indicati però perfettamente dai segnali dell’Alta via n.1 e da frecce gialle, a volte perfino con il contorno catarifrangente. Ogni tanto un piccolo segnale di 15cm x15 con il logo del Tor ci dice che siamo sulla strada della gara; scendendo dal Col Marmontana per un ripidissimo sentiero raggiungiamo il Lago Chiaro nel quale nuotano numerose trote, e dopo ancora un tratto di discesa ricomincia la salita tra le rocce, e dopo un ultimo tratto un po’ esposto attraversiamo la Crenna dou Ley, curiosa fenditura nella roccia alla sommità di un colle che ci immette in un maestoso e inquietante teatro fatto da un enorme anello di alte cime che discendono con una cascata di rocce e pietre fino al fondo della valle.
Intorno a noi intuiamo dai fischi la presenza delle marmotte anche se non riusciamo ad individuarle. Potremmo essere su Marte, e la sensazione di solitudine non sarebbe probabilmente molto diversa; ci viene da pensare a chi si è trovato o si troverà a percorrere questo tratto di notte in solitaria dopo 170 km di gara. Seguendo sempre le indicazioni del’Alta Via n.1 iniziamo quella che le guide ai sentieri definiscono”una breve risalita”, ma che a noi tanto breve non sembra: raggiungiamo il Colle della Vecchia,nome che mi suona familiare per averne letto in tanti racconti di partecipanti al Tor e anche per la sua originalità (comunque di vecchie non ne abbiamo incontrata nessuna). Da qui a Niel ci aspettiamo solo discesa ma, come ormai dovremmo sapere, in montagna non esistono tratti di “tutta discesa” e in effetti sono all’agguato ancora un centinaio di mt. di dislivello, anche se spalmati in un lunghissimo traverso che dopo averci fatto scollinare l’Alpe Berord ( 1706m) e l’Alpe Temeley e Kocia (1582m): lì dove il terzo camoscio della giornata ci saluterà attraversandoci il sentiero per arrampicarsi su una parete quasi verticale a velocità incredibile.
A questo punto il sentiero ci accompagna ad un ponte sul fiume e mentre il cielo si fa scuro per un temporale in arrivo giungiamo al dortoir (letteralmente “dormitorio”) della Gruba-Niel. A Gressoney mancano ancora 15,5 km cioè almeno 3 h e mezzo, quindi decidiamo di fermarci per almeno tre buoni motivi : le prime gocce di un temporale che si rivelerà assai violento,la stanchezza non disgiunta però dalla soddisfazione di quanto fatto ma, soprattutto, l’informazione che ci dà Marina, nostra preziosa assistenza,di aver preso accordi con il locale ristorante Gruba Dortoir per poter pranzare anche se sono le tre del pomeriggio.
Detto per inciso pranzeremo, ottimamente serviti da un disponibilissimo rifugista che ci darà gratis utilissime informazioni sulla gara di settembre,essendo questo uno dei rifugi che fanno assistenza durante il Tor, e che molti definiscono come il miglior pasto della gara.
Un grande grazie a Marina, che ci ha assistito come logistica negli spostamenti stradali e recuperi vari, e al mio compagno di avventura Giorgio, vero ideatore e organizzatore della “gita“ che con la sua idea e la sua compagnia ha permesso ad entrambi di vivere 24 ore fuori dal mondo in un contesto del tutto particolare che porta ad accrescere la conoscenza di noi stessi. Per la cronaca quasi 30km in 11h e 40 min. con 2500 mt D+.