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Dopo cinque anni che non correvo una maratona, ho partecipato all’ultima edizione della Firenze Marathon. L’ho trovata, sotto il profilo organizzativo, perfetta e impeccabile: all’altezza, se non meglio, delle grandi maratone internazionali.
Domenica 9 aprile scorso ho partecipato alla Paris Marathon.
Parigi: bellissima città, affollata di turisti, ma anche molto cara.
Certo che le aspettative per una delle gare più importanti nel panorama mondiale sono alte, e quindi ci si aspetta che tutto sia il massimo, ma in realtà non è così.
L’expo posto nell’immediata periferia di Parigi è situato nel centro fiere, un grandissimo padiglione in un grandissimo centro. All’ingresso, in un ampio spazio, si trovano i banconi per il ritiro pettorali e successivamente quelli per il ritiro dei pacchi gara. Subito dopo, un altro ampio spazio è riservato allo sponsor tecnico e successivamente alle altre famose marche di abbigliamento, mentre verso la fine troviamo gli stands delle varie organizzazioni di gare e gli stands alimentari.
Dopo aver recuperato il pettorale, ritiro il pacco gara consistente in uno modestissimo zainetto di tela plastificata (tipo sacchetto da scarpe) ove all’interno non vi è assolutamente nulla. E qui la prima sorpresa: né una bottiglietta d’acqua, né un integratore, e nemmeno un opuscolo sulla gara.
Cercavamo una piantina del tracciato per vedere ove era più opportuno, per i famigliari/amici, assistere al passaggio degli atleti, ma nulla di tutto ciò. L’unica piantina si trovava su un ampio cartellone.
Infatti, tutte le indicazioni (partenza/arrivo) si potevano avere solamente scaricando e stampando l’opuscolo sul sito della gara.
La gara:
Ben organizzata la partenza, con la suddivisione di varie gabbie con partenze differenziate, d’altronde non può essere altrimenti con 57.000 iscritti.
All’interno della gabbie (io mi trovavo nella prima gabbia, subito dopo i top runners) non ho trovato alcun “abusivo” sia grazie al rigido controllo, sia perché all’estero non si trovano i soliti “furbetti italiani”. Dentro, in un angolo, ho trovato molto utile un cestone per il deposito degli indumenti pesanti utilizzati dagli atleti prima della partenza, e nell’altro angolo un mini WC per gli ultimi bisogni fisiologici.
Il percorso è molto bello e suggestivo, anche se non velocissimo a causa dell’altimetria. Sull’intero tragitto trovo moltissimi tifosi e numerose bande musicali.
Già dal primo ristoro noto che non è posizionato al 5° km, ma al sesto: non è un problema, mentre lo è, dal mio punto di vista, il posizionamento, come altri, non nel luogo idoneo, ed in particolare sul lato esterno di un’amplissima curva su di una larghissima carreggiata, e lontana dalla riga che indica il percorso ideale; quindi, oltre ad essere posto solamente su di un lato, costringe gli atleti ad allungare di parecchio il percorso dagli ideali 42.195.
Qui, come fino al 25° km, se non ricordo male, non si trovano i sali, ma come liquidi solo acqua, mentre troviamo parecchi alimenti solidi e barrette. Chiaramente è difficile, per chi corre ad un certo livello agonistico, come il sottoscritto, far uso di alimenti solidi.
Il primo spugnaggio lo troviamo al settimo km, quindi appena un chilometro dopo il primo rifornimento; consiste in bacinelle d’acqua senza alcuna spugna (ma nessuna spugna era stata consegnata in precedenza).
Praticamente tutti i rifornimenti non si trovano ai previsti e soliti chilometraggi, e senza alcun tabellone di preavviso. Gli spugnaggi solo da un lato, e questo per una giornata calda come quella della domenica 9 aprile, ha dato un certo disagio ai maratoneti.
All’arrivo, ben organizzata la distribuzione della maglietta “Finisher” e degli alimenti, ma anche qui troviamo solamente dell’acqua. Nulla integratori o sali, niente tè. Una volta uscito dalla zona ristoro, si notano lateralmente i vari stands degli sponsor. Mi accorgo di aver bisogno di una bottiglietta di acqua, mi avvicino al relativo sponsor, e questi mi fanno capire che dovevo prendere l’acqua in precedenza; gli spiego che non è possibile più rientrare nella zona “ristoro”, e la risposta è, in pratica, che dovevo arrangiarmi.
A Firenze tutte queste criticità non le avevo trovate, e, come ho già detto, tutto mi era parso impeccabile, anche i gel al 30 km. Ma anche l’ospitalità e disponibilità degli uomini e donne della Firenze Marathon è stato al massimo livello. Chiaro che i numeri sono totalmente diversi e anche l’offerta trovata all’expo non mi pare paragonabile nel senso di spazi e di aziende presenti.
Su queste pagine avevo “criticato” la Treviso Marathon”; ma, forse, se mettiamo tutto sul piatto della bilancia, sono stato ingiusto (e probabilmente non solo io) a criticare talune gare. A Parigi non ho trovato le docce, ed io avevo criticato Treviso perché erano un po’ distanti.
Il punto su cui noi italiani possiamo invidiare le grandi maratone, secondo me, è l’entusiasmo e la numerosa presenza della gente che assiste alla gara. Vedere nei lunghi viali della Roma Marathon i top runners che corrono con ai lati nessuno spettatore, è tutt’altra cosa rispetto al tifo assordante del pubblico assiepato lungo i 42.195 m di N.Y., di Berlino, Londra, Parigi ed altre.
Dovremmo chiederci: cosa possiamo fare per cambiare questa mentalità?