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Ci vogliono i vecchietti come Catherine Bertone per ridare gloria all'Italia, perché di giovani cattivi e "affamati" non ce ne sono più, o quasi. La fondista valdostana ha corso la maratona di Berlino in 2h28'34" all'età di 45 anni. La prestazione è il nuovo primato del mondo di categoria ottenuto giungendo sesta, in una gara dominata da atlete che di Catherine potrebbero essere le figlie.
La Bertone, con le debite proporzioni, è quasi come Paula Radcliffe. Quando la maratoneta inglese ottenne il primato del mondo a Londra nel 2003 con 2h15'25", surclassò tutti i maschietti inglesi. Anche Catherine surclassa i suoi coetanei italiani. Tutti tranne Ettore Scardecchia, classe '70, autore del buon 2h26' all'ultima maratona di Roma.
La Radcliffe si è vista cancellare la prestazione dalla Iaaf per essere stata tirata da lepri-uomo. Di Bertone non si sa ancora se ha tallonato qualche maschio per spingere fino ad ottenere quel tempone. Sia chiaro, però: per quanto poco conti il mio parere, trovo sia sbagliato cancellare il record di una donna se tirata da un uomo. Perché a quel punto dovremmo invalidare tutte le prestazioni femminili su strada ottenute in gare miste. Ossia, andrebbero decimare le graduatorie e le liste all time.
Aldilà però delle formalità burocratiche, le falcate da record rimangono. Come - speriamo - rimarrà la prestazione di Catherine da consegnare agli annali della storia dell'atletica mondiale, italiana, e pure valdostana. Un rettangolino di mondo che ha sfornato un po' di tutto: dalla dinastia Ottoz (-Calvesi) sugli ostacoli, passando per il "montanaro" Bruno Brunod, fino all'indimenticabile Roberta Brunet. Il primato italiano dei 5 mila metri ottenuto a Colonia nel '96 è ancora suo. Col vivaio giovanile attuale, con le prospettive da parrocchia dell'atletica italiana, e con i migliori coach italici in veste di immigrati sparsi in giro per l'Africa, stiamo certi che quel limite rimarrà in eterno. Come quello di Catherine. Entrambe da Aosta, dove nulla-osta.