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Simone aveva 39 anni ed era un ottimo maratoneta e poco prima di scoprire la sua terribile malattia aveva corso la 100 km. del Passatore 2010 in 8h12' arrivando 12° assoluto.
Dopo aver scoperto di essere ammalato, Simone ha lottato come un leone diventando un esempio per tutti.
A fine 2010 ci mandò un bellissimo articolo in cui raccontava la sua storia (che ripubblichiamo sotto), dalle gare alla sofferenza in poche settimane, il suo articolo era piaciuto tantissimo ed in tanti lo abbiamo spronato a continuare a scrivere.
Ci prese in parola e, oltre a raccontarsi quasi quotidianamente sul suo blog, arrivo' a scrivere un'emozionante libro che ha trovato un editore e la strada della pubblicazione.
Simone non c'e' piu', rimane il ricordo di un ragazzo semplice, intelligentissimo ed incredibilmente lucido, un ragazzo che sarà da esempio per tutti per la forza con cui ha affrontato, e non è retorica, un finale di esistenza veramente terribile, domenica corriamo anche per lui, ne sarà contento.
Il mio breve ricordo (Maurizio Lorenzini)
Maledizione! Che mazzata, eppure si sapeva, eppure lo sapeva, eppure.....L'anno scorso, quindi nel pieno della sua malattia, ci scrivevamo, si parlava di cose di corsa, si parlava di Connemara, la SUA Connemarathon, una gara in Irlanda che ha partecipato varie volte, anche vinto nel 2008 e nel 2009 con un tempone, 2h40'24 su un percorso che è tutt'altro che un piattone.Voleva convincermi ad andare, anzi andarci insieme, ancora oggi mi viene la pelle d'oca se ci penso.
Ha corso e vinto tante gare terrene, ma questa era troppo, era impossibile, eppure ha gareggiato con la stessa grinta e motivazione che metteva nel running.
Se ne è andato con un coraggio ed una dignità uniche.
Ci ha lasciato un indelebile ricordo e, per chi ci crede, continuerà a correre le sue gare, anche se non le racconterà più.
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Perchè corriamo? Ora lo so!
(di Simone Grassi)
Ero un felice podista, contento di faticare per le strade, avendo iniziato come tutti per stare in forma e poi preso dalla passione per questo sport e anche dalle amicizie che si erano create dal nulla. In sei anni circa di podismo avevo preso coscienza di avere ricevuto molto dal podismo e da chi ci sta dentro e attorno, mischiando periodi di puro godimento della pratica sportiva a periodi in cui anche un po’ di sano agonismo mi aveva spinto a cercare di andare più forte o più lontano.
Continuavo a non avere una risposta sul perché correvo, di certo la forma fisica e delle belle giornate in compagnia erano già di per sé più che sufficienti.
E così fra una garetta, una maratona e qualche ultra, ero arrivato a correre fino alla piazza di Faenza. Era fine Maggio del 2010, quando un ragazzo in canotta e pantaloncini entrava nella piazza di Faenza stanco ma sorridente, e tagliava un bel traguardo. Tanta soddisfazione, tanti amici, momenti molto belli. La gara aveva preso senso proprio correndola, il sudore lasciato sotto al sole in Toscana, i dubbi sul poter finire una volta arrivato in cima alla Colla, la forza di volontà unità alla spensieratezza di essere lì grazie ad una passione a cui nessuno mi obbligava a partecipare. Tagliando il traguardo e nei giorni seguenti, tutto prendeva più senso, e la soddisfazione diventava più consistente e chiara. Mancava ancora un buco, nella fatidica domanda, perché, ma non c’era fretta di rispondere, la sensazione era che, qualunque fosse il perché vero, ci fosse e avesse senso.
E’ febbraio 2011, quando un ragazzo con collare, bastone e “bello imbottito” visto che fa freddo, attraversa, con tre amici, quella piazza di Faenza, passo lento, non è abituato ad usare il bastone, e poi non ha voglia di tossire troppo, cosa che gli capita se cammina troppo in fretta.
Si avvicina lento, al centro della piazza, stavolta in direzione opposta, andando verso quello che era il traguardo di Maggio dal centro della piazza. Percepisce l’ironia della sorte, pochi mesi prima era arrivato lì a piedi da Firenze, ora arranca e si stanca solo per attraversare la piazza, facendo fatica a stare dietro ai suoi amici che camminano.
Un sorriso viene spontaneo, né ironico né amaro, solo un sorriso, mi auguro lo stesso che ebbe a Maggio entrando in piazza nell’altra direzione.
Nel mezzo era cambiato tutto e non era cambiato nulla, qualche fastidio a settembre, una diagnosi pesante a ottobre, il colpo tosto di svegliarsi malato e contro un avversario che viaggia spedito. Il tempo di smaltire il colpo mentre si iniziano le cure, otto cicli di chemioterapia e qualche seduta di radiazioni, per aiutare, anche se bombardandoli, quei polmoni e vertebre che tanto bene avevano fatto il loro dovere negli anni precedenti.
Insomma, un bel po’ di notizie negative, ma in quel camminare lento nella piazza, aiutato dal bastone e bloccato da un collare, anche una nuova consapevolezza, sapevo che correre aveva un senso, e non solo per stare in forma. Ebbene sì, avevo maturato una nuova consapevolezza, prima presente ma non chiara, ma ora più nitida, i mesi di battaglia contro un ostacolo nuovo ed inaspettato, li avevo affrontati con la stessa forza di volontà del podista che corre da stanco, con la stessa dedizione di chi prepara una gara lunga con tanti allenamenti sotto la pioggia, al caldo, al freddo, quando stare sul divano sarebbe stato tanto più facile, ma in qualche modo sbagliato. Sapendo che non ci saranno né premi né gloria, lo si fa e basta. Ed infine con lo stesso sorriso sulle labbra di chi sa che chi ci sta attorno non se ne frega, ci applaude se arriviamo primi o ultimi, ci urla di non mollare perché tutti dobbiamo arrivare in fondo, e poco importa quanto ci metteremo.
Insomma, ora che sono a riposo forzato dal correre, ho capito fino in fondo perché correvo, non lo sapevo ma mi stavo preparando a questo nuovo ostacolo, a questa nuova gara. Prima o poi lo dirò agli oncologi, sentire il fisico sconvolto da 90km (ma anche meno possono bastare) di corsa ininterrotti, sono il modo migliore che conosco per essere pronti per stare a testa alta anche vomitando in un secchio mentre qualche osso ci fa male anche solo a spostarci di 10cm.
Morale della favola, podisti correte, siamo dei privilegiati, ci alleniamo per la sfida più ardua, e lo facciamo divertendoci e stando fra amici, che vogliamo di più?