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È ormai risaputo come il podismo, con ben pochi rivali fra gli sport di massa, possa portare ad estremi che spesso sfociano nel ridicolo o nell'assurdo.
Non sto parlando solo di quegli atleti che ne diventano letteralmente schiavi, arrivando al punto di mettere a repentaglio la propria salute (magari senza nemmeno accorgersene), ma anche di chi (essendosi da tempo invece accorto dell'enorme business potenziale rappresentato dalla crescente domanda di "running estremo"), si fa in quattro per organizzare le corse più sensazionali nelle location più esotiche ed inospitali del pianeta.
Abbiamo così maratone, trail e quant'altro che si corrono negli scenari più incredibili: dai deserti africani alla giungla amazzonica, dalla Grande Muraglia cinese alla Valle dei Re in Egitto, dal circolo polare artico alle distese di ghiaccio dell'Antartide, chi più ne ha più ne metta, ormai quasi tutti i luoghi più selvaggi, affascinanti e irraggiungibili hanno la loro "folle" corsa.
Personalmente, pur amando immensamente le corse "tradizionali" nella natura ed in particolare quelle in montagna, ritengo che questo fenomeno, ai limiti cui si è spinto negli ultimi anni, sia non solo fonte di ilarità per un runner "normale", ma anche una cosa deleteria per chiunque sia dotato di buon senso.
Sarà anche vero che chi corre una maratona in una foresta equatoriale o sul bordo di crateri vulcanici o ancora fra i megaliti di un sito neolitico è tenuto al massimo rispetto dell'ambiente e non deve lasciare traccia alcuna del proprio passaggio, ma il solo fatto di organizzare eventi, che determinano l'afflusso di centinaia o migliaia di persone, in luoghi così preziosi e delicati, è di per sé nocivo, spesso un vero e proprio sfregio alla natura o al patrimonio dell'umanità.
Ma, ahimè, sappiamo bene da che mondo è mondo come vadano le cose, e che se qualcuno può fare soldi a palate sfruttando la vanità (e spesso l'incoscienza) di una minoranza di podisti privilegiati ed esibizionisti, possiamo stare certi che ciò accadrà!
Tutto ciò premesso, voglio spendere due parole su una di tali gare, certamente discutibile, ma forse rientrante ancora nel limite della sensatezza.
Si tratta della Everest Marathon, in Nepal, che vanta già 14 edizioni e detiene il record mondiale relativamente alla quota più elevata raggiunta da una competizione podistica.
I 42.195 km si sviluppano attorno al "tetto del mondo", attraversando nevai, ghiacciai, zone desertiche d'alta montagna ed anche alcuni villaggi di Sherpa, con partenza alla quota di 5.632 m ed arrivo alla quota di 3.540 m. Pertanto, il percorso presenta più discesa che salita (4.576 m in giù e 2.777 m all'insù).
È forse la maratona più dura in assoluto, non tanto per i dislivelli da affrontare o per le condizioni climatiche (in entrambi i casi c'è sicuramente di peggio), ma per il fatto che si corre costantemente a quote elevatissime, dove la quantità di ossigeno presente nell'aria varia fra i due terzi e la metà di quella presente al livello del mare. Infatti, per poter partecipare alla maratona, è necessario un periodo di acclimatamento alla quota di circa 4.500 m almeno per i 15 giorni antecedenti la gara.
L'edizione n. 15 andrà in scena il 29 Maggio 2017, ogni informazione è reperibile sul sito www.everestmarathon.com.
Che dire ancora? La prossima "frontiera" del podismo potrebbe essere un ultratrail da corrersi (indossando un'apposita tuta "gravitazionale" con calzari "drop zero" incorporati) nel Mare della Fecondità, sulla faccia nascosta della Luna...