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Che le serate di Diamond League riservino quasi sempre delle sorprese è un dato di fatto, ma in pochi credevano che a ridosso dei giochi olimpici potesse scapparci un record del mondo. Invece così è stato lo scorso 22 luglio a Londra e di questo dobbiamo ringraziare Kendra Harrison. Con una corsa bella a vedersi quanto efficace, la brevilinea atleta statunitense, è alta solo 163 cm, nei 100 m ostacoli ha fermato i cronometri sul tempo di 12”20.
Un volto solare, di quelli che accattivano subito la simpatia dello spettatore, ci ha fatto emozionare anche dopo la gara, quando non ha pensato a guardare immediatamente il tabellone, ma a salutare le rivali-amiche che invece le hanno fatto subito notare cosa aveva combinato.
Tutto bene direte voi, ma c’è un problema. Kendra a Rio non potrà andare, in quanto si è piazzata al sesto posto nella finale dei trial americani. Non che abbia corso malissimo in tale occasione, è che il livello era molto alto, forse meglio di una finale olimpica.
Ciò premesso, ci permettiamo di proporre sommessamente al CIO se non sia possibile regalare una wild-card alla Harrison che ci sta ancora più simpatica da quando abbiamo scoperto essere stata adottata da una famiglia composta da dieci figli, di cui otto adottati.
Insomma caro CIO, tu che scrivi i regolamenti e poi li adatti a tuo piacimento, tu che lasci a casa gli atleti russi ex-dopati e poi lasci saltellare tranquillamente un Gatlin qualsiasi, tanto per non far nomi, non puoi decidere seduta stante che chi stabilisce un mondiale (non un minimo olimpico) ad iscrizioni chiuse, abbia diritto a partecipare ad una rassegna con cadenza quadriennale come le olimpiadi?
Tra l’altro, ad abundantiam, la nostra Keni non ha battuto un record qualsiasi, bensì una di quelle fastidiose eredità di un passato scomodo, il mondiale della bulgara Yordanka Donkova, stabilito 28 anni fa a Stara Zagora, ridente località distante circa 230 km da Sofia e che nel 1988 era distante anni luce da controlli WADA, agenzia fondata nel 1999, whereabouts e compagnia bella. Insomma quei tempi che ancora oggi si fa fatica a spiegare, come i tutt’ora validi 47”60 sui 400m di Marita Koch (1985), oppure il “mitico” 1’53”28 di Jamila Kratochvilova, sul doppio giro di pista (1983).
Quei tempi che hanno suggerito a molti media di non inserire più in sovraimpressione il record mondiale in occasione delle gare di atletica, come ci faceva notare qualche lettore. In fondo è giusto così, non si possono comparare mele con arance.
CIO, CIO: Keni a Rio! CIO, CIO: Keni a Rio! CIO, CIO: Keni a Rio!
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