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Il sorriso di Francesco riconcilia con il mondo. Francesco non si muove, non parla, è prigioniero del suo corpo: è malato di Sla da dodici anni. Ma il sorriso che regala a un amico che lo va a trovare è il più bel regalo che si possa ricevere. Un regalo, ma anche una lezione che resta impressa: di cui ricordarsi, quando ci si lamenta per cose da poco.
Francesco è Francesco Canali, il “maratoneta in carrozzina”. Sono passati quasi sei anni, da quell’impresa memorabile: i 42 chilometri e 195 metri della maratona di Palm Beach, in Florida, corsi in carrozzina, usando i muscoli e il fiato – e soprattutto il cuore – di quattro amici podisti.
«La stronza», la chiamava Stefano Borgonovo, il centravanti che faceva meraviglie in coppia con Roberto Baggio. La Sla lo ha ucciso nel 2013.
Per la comunità scientifica è una malattia rara. Per la percezione comune, un po’ meno: i malati sono circa 10 ogni 100.000 persone: 6.000 in Italia, più di 400 in Emilia Romagna, una cinquantina a Parma.
Due anni fa, in piena estate, esplose la ice bucket challenge mania: le docce gelate servivano per sensibilizzare l’opinione pubblica su una malattia tremenda, eppure ancora poco conosciuta, e per raccogliere fondi. Il meccanismo virale, favorito dai social network, fece raggiungere cifre da capogiro: 17 milioni di video, 440 milioni di clic, 115 milioni di dollari raccolti. Già Roberto Saviano, sull’”Espresso”, ha ricordato – e criticato, giustamente – le polemiche di quei giorni («Se vuoi fare del bene non c’è bisogno di farlo sapere», «non sarebbe meglio donare in silenzio?»). La bella notizia è che quelle docce gelate sono servite, eccome.
Le ricerche finanziate con quel bel gruzzolo hanno permesso di fare un importante passo avanti, scoprendo un gene (Nek1) che avrebbe un ruolo importante nell’insorgere della Sla. E dando qualche speranza perché, un giorno, si possa capire come combattere la “stronza”.
Tutto ciò alla faccia dei benpensanti che avevano irriso il progetto, le nomination, i personaggi famosi che si erano fatti coinvolgere. «Ben vengano le donazioni plateali, quelle fatte anche ostentando, se il risultato è questo», ha scritto ancora Saviano. Parole sagge.
Nel suo piccolo – piccolo mica tanto, in realtà – Francesco ha raccolto più di 100.000 euro, grazie alle tantissime iniziative che ha organizzato, in preparazione della maratona in carrozzina, coinvolgendo tutta la città. Con il suo sorriso, con la tenacia e la voglia di vivere ha commosso e conquistato tantissimi “tifosi”: tra i primi, il vescovo Enrico Solmi, che lo ha poi spinto per dieci chilometri alla Cariparma Running del 2011, e il grandissimo Alex Zanardi, che lo ha trainato, con la sua handbike, alla Venicemarathon, sempre nel 2011. Con i fondi raccolti, Francesco ha finanziato una ricerca dell’Arisla (la stessa che oggi ha un ruolo importante nella ricerca mondiale sul gene Nek1) e donato quattro auto all’Ausl, per i servizi domiciliari rivolti a malati di Sla e di altre patologie gravi. Nessuno come Francesco ha contribuito a fare parlare di Sla a Parma.
Si merita una speranza, Francesco. Se la merita per il sorriso pieno di coraggio, di forza, di vitalità. Se la meritano i suoi familiari, forti come rocce. Se la meritano tutti i malati di Sla del mondo e i loro cari, che forti come rocce devono esserlo a tutti i costi.