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Tra le prime maratone e quelle dei nostri giorni, quasi a metà di questo periodo di tempo, fu di rilievo la gara di Abebe Bikila alle Olimpiadi di Roma 1960. Qui l’atleta africano, nato il 7 agosto 1932 a Mout, sulle montagne della Shoa, tagliò il traguardo vincitore, dopo aver percorso il tracciato capitolino senza scarpe ai piedi. L’etiope Bikila fino all’età di diciannove anni aveva lavorato la terra; poi, dopo essersi arruolato nell’esercito, divenendo soldato semplice della guardia del Corpo dell’imperatore, all’età di ventiquattro anni cominciò a correre. Bikila, alto 1,75 m per 60 kg di peso, aveva iniziato a correre nel 1956, mostrandosi il più ricco di talento del gruppo. Il suo allenatore, l’istruttore sportivo finlandese Onni Niskanen, non aveva lasciato nulla d’intentato nella preparazione dei suoi atleti, creando un campo d’allenamento a quasi 2000 m di altitudine, ove Abebe si forgiò, sino a raggiungere il calibro olimpico. Niskanen fece costruire una sauna, al fine di ritemprare gli atleti al termine delle loro sedute di allenamento. Ricostruzioni approfondite ci conducono a ritenere che quella a cui prese parte a Roma era la terza maratona ch’egli correva nella sua ancora breve carriera sportiva. Il test finale eseguito da Niskanen in quota non rivelava un gran che, ma chiarì al tecnico su quale cavallo puntare per la spedizione romana.
A Roma 1960, sulla gara di maratona i tecnici puntavano sul piccolo sovietico Sergey Popov. Se proprio un africano doveva essere estratto dal lotto degli aspiranti vincitori, questi era semmai il marocchino Rhadi Ben Abdesselem. La gara partì alle ore 17.30 di sabato 10 settembre 1960, con 23° di temperatura e 72% di umidità, e 69 concorrenti provenienti da 35 nazioni (al traguardo ne arriveranno in 62). Durante la gara Popov perse i contatti, e rimasero soli dopo il 20° km Rhadi e Bikila. I due imboccarono la via Appia, antichissima strada romana, mentre scendeva la sera, il che rendeva assai difficoltoso distinguere i corridori di pelle scura nello sfondo arrossato del tramonto capitolino. Bikila correva a piedi nudi, scatenando con ciò la discussione tra i commentatori della gara su tale scelta. Niskanen e Abebe avevano optato di evitare ogni tipo di calzatura su quei ciottoli irregolari, facendo affidamento su di un piede avvezzo al duro e arido terreno abituale di allenamento. La folla si andava progressivamente schierando a favore del corridore scalzo etiope con al petto il numero 11, ignoto ai più. Egli scendeva dagli altipiani africani, al fine di trasferire la leggerezza naturale delle gazzelle, “animali di razza” nel mondo cosiddetta della “civiltà”.
Al 20° km la coppia africana formata da Bikila e Rhadi aveva aperto una sensibile breccia e il cronometro segnava per loro, il parziale di 1h02’39”. Li seguiva Vandendriessche (1h03’05”) a quasi mezzo minuto, quindi Keily 15” più tardi. Gli europei non erano in grado di tenere testa al passo degli africani né di contrastare la loro palese progressiva egemonia. Rhadi e Bikila conservarono la loro andatura spedita, transitando al 25° km lungo il Raccordo Anulare, in 1h18’47”. Magee e Popov erano ora al 3° posto (1h22’11”), non direttamente a contatto con gli uomini di testa. Con 12 km ancora da percorrere, i corridori imboccavano la via Appia Antica, dirigendosi verso il traguardo finale. Al 30° km la coppia africana aveva quasi 2’ di vantaggio sull’altra coppia formata da Magee e Popov (1h34’29” contro 1h36’52”). Al 35° km i due passavano quasi volando in 1h50’27”, seguiti da Magee (1h52’29”) e Popov (1h53’37”). Al 40° km Magee si produceva in uno sforzo sovrumano per raggiungere gli africani e, mentre Bikila transitava in 2h08’33”, con alle sue spalle Rhadi, Magee seguiva a non più di 1’26”. Infine, lungo l’Appia illuminata suggestivamente con le fiaccole, Bikila rintuzzava un tentativo del marocchino di farsi avanti, e nel tratto conclusivo portava il suo vantaggio a 25”, correndo senza apparente sofferenza verso l’Arco di Costantino.
Il tempo finale di Bikila (2h15’16”) era la nuova migliore prestazione mondiale per meno di 1”, mentre il detentore Popov, assai staccato, concludeva al 5° posto. Abdesselem si classificava al 2° posto, mentre Magee ‒ meglio conosciuto come campione della pista ‒ 2° nel campionato di Maratona 1960 della Nuova Zelanda, riusciva a precedere il sovietico Vorobies.
Questi in sintesi i passaggi e la classifica finale dei primi al traguardo:
ATLETA/PASSAGGI | 5 KM | 10KM | 15KM | 2 20 KM | 25 KM | 30 KM | 35 KM | 40 KM | 42 KM |
1) A. Bikila (Eth) | 15’35” | 31’07” | 48’02” | 1h 1h02’39” | 1h18’47” | 1h34’29” | 1h50’27” | 2h08’33” | 2h15’16” |
2) R. ben Abdesselem (Mor) | 15’35” | 31’07” | 48’02” | 1 1h02’39” | 1h18’47” | 1h34’29” | 1h50’27” | 2h08’33” | 2h15’41”6 |
3) B. Magee (Nzl) | 1 1h03’41” | 1h22’11” | 1h36’52” | 1h52’29” | 2h09’59” | 2h17’18”2 | |||
4) K. Vorobiev (Sov) | 2h19’09”6 | ||||||||
5) S. Popov (Sov) | 1 1h03’41” | 1h22’11” | 1h36’52” | 1h53’37” | 2h19’18”8 | ||||
25) A. Keily (Gbr) | 15’35” | 31’07” | 48’02” | 1h 1h03’20” | 1h22’34” | 2h27’00” |
Con una vittoria nella terra dei conquistatori, ottenuta tra le tracce dei fasti dell’antica Roma imperiale, Bikila cancellava a “passo di corsa” un’epoca di dominazione, dando inizio alla piccola grande storia di un mito quale quello di un atleta “purosangue”.
Come si è già accennato, Bikila fu forgiato fino a raggiungere un calibro olimpico su un campo di allenamento in patria, a un’altitudine di quasi 2000 m s.l.m. Là si allenavano i membri delle forze armate, oltre alle guardie personali di Selassiè. I programmi di allenamento di Niskanen, tecnico degli etiopi, nella preparazione per la maratona di Roma comprendevano un misto di corsa campestre, e ascensioni sull’ostico e forgiante terreno montuoso etiope. Vi rientravano anche corse su strada della distanza di 20 miglia (cioè 32,186 km), eseguite con o senza scarpe, più lavoro frazionato, principalmente corse di 1500 m in pista.
Dopo la data della gara olimpica romana, si venne a conoscenza che Bikila aveva vinto prove sulla distanza completa, nei mesi di luglio e agosto, poco prima della maratona olimpica. Nella prima di queste siglò un modesto 2h39’50”, che migliorò sensibilmente in una seconda successiva prova, vincendo in 2h21’23”, con 9’ di distacco dal suo compatriota Abebe Wakgira. Tali corse si effettuarono entrambe nella capitale Addis Abeba, quindi a poco meno di 2000 m di altitudine, con un’aria assai rarefatta; quindi la seconda prestazione fu veramente straordinaria.
La vittoria romana di Bikila, unita al 2° posto del valido marocchino Abdesselem, sancirono l’affermazione di campioni provenienti dal Continente africano, attesa da tempo. Sino ad allora, solamente Zatopek aveva corso con maggiore velocità di Rhadi. Quest’ultimo fu campione internazionale di corsa campestre nel 1960 e abbassò la sua migliore prestazione cronometrica sui 10000 m a 29’20”8, quattro settimane prima della maratona di Roma; perciò la vittoria di Bikila acquista ancor maggior valore di eccellenza per quei tempi e in assoluto.
Nota: Mi piaceva la storia di Bikila, ma non c'erano testi. Allora andai alla biblioteca sportiva al Centro Giulio Onesti in Roma e lessi gli articoli su La Gazzetta dello Sport di quei giorni memorabili. In seguito Lo Giudice e Piccioni pubblicarono nel 2003 Un sogno a Roma. Storia di Abebe Bikila, che contribuì a perfezionare le mie conoscenze. Ho conosciuto Remo Tarantino, il fisioterapista che massaggiò l'atleta in occasione dell'evento (che io non vidi poiché nacqui qualche anno dopo).
NdR: Aggiungiamo che Bikila rivinse la maratona nelle successive olimpiadi di Tokio 1964 (primo campione olimpico a bissare la vittoria nella maratona), sei settimane dopo un’operazione di appendicite, gareggiando con le scarpe, e stabilendo anche il miglior tempo mondiale sulla distanza in 2.12:11.Più tardi, costretto alla sedia a rotelle per una grave lesione alla spina dorsale, partecipò alle paralimpiadi di Heidelberg del 1972 nel tiro con l'arco. Morì l'anno dopo, a 41 anni.