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E’ sotto gli occhi di tutti che in quasi trent’anni l’Atletica da regina di tutti gli sport è scaduta a Cenerentola, io stesso due anni fa ho dovuto appendere la penna al chiodo non essendoci più alcuna testata sportiva disposta a concederle anche solo mezza pagina, eppure si sono succeduti alla sua guida tre Presidenti diversi e settanta consiglieri in ben sette legislature.
Per stabilire una diagnosi e proporre una terapia occorre aver presente l’anamnesi del “paziente”. Negli anni ’50 tutta l’Italia era in fase di espansione, gli sport praticati erano pochi e l’atletica era la base di tutti gli sport. Negli anni ’60 le grandi aziende italiane investirono nell’atletica assumendo gli atleti come dipendenti, avevano il permesso retribuito per gli allenamenti e per le partecipazioni alle gare nazionali e internazionali; al termine della carriera, se lo volevano, restavano in azienda. La crisi energetica degli anni ’70 pose termine a questa “pacchia”, che venne sostituita dal “dilettantismo di Stato” come nei paesi sovietici, cioè gli atleti migliori vengono arruolati dai Corpi Militari e anziché fare i carabinieri, i poliziotti, i finanzieri, i soldati, i forestali, gli avieri e le guardie carcerarie, praticano il loro sport olimpico, è il sistema ipocrita escogitato dallo Stato per finanziare lo sport più o meno “dilettantistico”.
Questo sistema in oltre trent’ anni ha provocato il depauperamento delle società “civili” con relativa demotivazione e conseguenti disinvestimenti, la Federazione potendo contare su un gruppetto di atleti che, comunque, a livello internazionale riusciva ancora ad ottenere qualche risultato, si accontentò della situazione non rendendosi conto che in questo modo si sarebbe asciugato il bacino dei praticanti, è come curare il delta del Po senza pensare alla sorgente di Pian del Re.
Oggi non vale neanche più questa motivazione, gli atleti si dannano l’anima per passare al “posto fisso” e poi si accontentano di ottenere il punteggio tabellare minimo per non essere “congedati”.
C’è poi da considerare che nel 2012 la Spending Review ha portato ad un ridimensionamento sostanziale degli organici dei Corpi Militari, che si presentano alle prossime elezioni con solo il 2% dei voti totali, è dunque finito, forse, il dilettantismo di Stato, o, almeno, non ha più grande importanza.
La base di ogni Federazione è il VIVAIO, il CONI ha creato un sistema teoricamente valido, col riconoscimento degli Enti di Promozione che devono affiancare le Federazioni nell’avvicinare i giovani alla pratica sportiva.
Negli anni d’oro era così, soprattutto il CSI svolgeva una valida azione di supporto alla Federazione, è irrinunciabile creare le Scuole di Atletica Leggera come ci sono le Scuole di Calcio, le Società maggiori dovrebbero stipulare delle Convenzioni con le Società minori e gli EPS per lo sviluppo del Settore giovanile; il MIUR e la FIDAL, anziché sprecare le poche risorse nei Giochi Sportivi Studenteschi, che coinvolgono soprattutto già tesserati, per l’atletica o per il calcio, dovrebbero dedicarsi alla Promozione di base, cominciando dalle scuole elementari interessando prima di tutto all’attività fisica e poi insegnando a poco a poco ad amare l’atletica e soprattutto quello che essa rappresenta dal punto di vista culturale: impegnarsi e sacrificarsi per il raggiungimento di un obbiettivo nobile ed appagante.
In realtà per quanto riguarda l’Atletica assistiamo a una stortura gravissima conseguente ad un altro fenomeno colpevolmente sottovalutato e quindi trascurato dalla FIDAL, IL PODISMO.
Esattamente la data di nascita è il 2 dicembre 1973, prima domenica di blocco del traffico automobilistico a causa della crisi energetica, nacque spontaneamente e ben presto fu un successo, nessuna regola, solo premio di partecipazione o un piatto di agnolotti e un bicchiere di vino.
Ma ben presto ci fu chi cominciò a dare i premi ai primi arrivati, poi ci fu chi disse “bella forza lui ha 30 anni e io 50, non è leale” e così si passò alla prima divisione in categorie: Amatori fino ai 40 anni e Veterani oltre, ma non bastava ancora, si passò alla divisione in dieci e poi in cinque anni con premi sempre più numerosi e conseguente lievitazione delle spese per l’organizzatore.
Nel 1982 uscirono le norme sulla tutela sanitaria con obblighi diversi per chi pratica sport agonistico e chi no, lo Stato fu costretto a regolamentare il fenomeno e chiese l’intervento del CONI che stabilì che la FIDAL è soggetto istituzionale designato all’organizzazione e al controllo delle manifestazioni competitive - agonistiche di atletica leggera sul territorio italiano (D. lgs n. 242/99).
C’erano però anche gli Enti di Promozione Sportiva che organizzavano manifestazioni nominalmente non agonistiche, ma con modalità competitive; si formarono quindi due “mercati” paralleli i cui confini furono sempre più vicini e sfumati fino a sovrapporsi e fu l’inizio del caos.