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“Sarà il sistema federale a porsi al servizio delle Società con sostegni economici, ausili didattici e formativi, coinvolgimento delle famiglie e di altri organismi ed istituzioni che diano nuova linfa all’associazionismo ricco di tanti volontari che operano con dedizione e volontà”.
Non è una favola, è l’incipit del Programma presentato da Giomi all’assemblea nazionale Fidal del 2 dicembre 2012.
Ancor prima si era disegnato un quadro delle società lontano dalla realtà, ponendo a loro carico una serie d’incombenze, più che di vantaggi autentici: ad esempio, oltre a svolgere attività federale, assicurare agli atleti assistenza tecnica, morale e sanitaria; sorvegliare che il comportamento e l’abbigliamento dei propri atleti e tesserati siano decorosi, con l’obbligo d’indossare la maglia sociale, un gravame in più per le scarse risorse finanziarie a disposizione.
In più, l’obbligo/diritto esclusivo di effettuare le iscrizioni, e la responsabilità del controllo della visita medica dei propri atleti.
Da qui la necessità di tesserare almeno quattro dirigenti, un tecnico e un medico sociale, che, in realtà, sono solo nominali e non partecipano alla vita della società, sono già tesserati per altre società; quindi, il loro ulteriore tesseramento è percepito come solo una “gabella”.
Un identikit disegnato sulla base dell’attività su pista, ben lontano dalla vita reale; in Piemonte su 215 società solo una trentina svolge attività stadia, il resto è formato da società d’ispirazione “podistica” in cui anche solo un tecnico sarebbe un lusso; la pretesa per legge di dotare tutte le Società di un defibrillatore è ridicola e lontana dalla realtà, dal momento che i podisti si allenano dappertutto e non presso un’unica struttura come i pistaioli.
La maggior parte delle società è basata sul volontarismo, non ha una minima impostazione professionale, i dirigenti sono scelti con l’unico criterio della disponibilità, non hanno la necessaria preparazione sui regolamenti della Federazione né sulla gestione di una società, e pochi hanno una preparazione informatica.
Per i più manca il senso di appartenenza e, quindi, la solidarietà; la Federazione è vista come un ente statale, che eroga un servizio e pretende cifre esose senza un’effettiva validità pratica.
Anche in questo caso la Fidal dovrebbe recitare il mea culpa: come ho già scritto, solo poco più del 10% ha in mano la maggioranza dei voti, e sono tutte società che svolgono attività quasi assolutamente su pista; il 6 novembre ad Ostia andranno solo queste società, che senso avrebbe spendere tempo e denaro per partecipare ad un’elezione dove il mio voto vale NIENTE?
Quando ci fu l’assemblea straordinaria, il 25 gennaio 2015, furono presentati due sistemi di votazione: assemblea in una sola sede o in videoconferenza con le regioni. Questa avrebbe dato più possibilità di partecipazione e, forse, un risultato diverso (l’unione fa la forza comunque), e in ogni caso si sarebbe dato un segnale di considerazione verso le società di balabiott (letteralmente “balla nudo, guitto”), come ho sentito definire i podisti da un presidente regionale piemontese del passato.
Nei diritti previsti dallo Statuto esiste quello di organizzare le manifestazioni, questo è un capitolo molto delicato; un grande organizzatore della mia regione si lamentava di contribuire alle casse della Federazione con 20.000 euro l’anno senza ricevere in cambio che regole e regolette, nessun aiuto nemmeno organizzativo, solo i giudici il giorno della manifestazione, e di contare poco o niente.
Avendo sempre trascurato il settore strada, non esiste, al momento, chi possa effettivamente assolvere al compito di Delegato Organizzativo, che dovrebbe supportare l’organizzatore nella preparazione della manifestazione, per cui esiste solo il Delegato Tecnico, un giudice, che, naturalmente, conosce solo i regolamenti.
La scarsa considerazione della Federazione nei riguardi della strada è saltata agli occhi quando l’assemblea straordinaria decise di attribuire un certo numero di voti agli organizzatori di manifestazioni nazionali e internazionali; furono accettate quelle di pista, cross, marcia e corsa in montagna, la strada fu BOCCIATA.
Il Run Project 2016-18 dovrebbe dare risposte esaurienti e propositive all’attività non stadia, purtroppo sembra che sia partito col piede sbagliato riservando alla Fidal nazionale le manifestazioni su distanze standard, ex regola 240 del Regolamento Tecnico Internazionale, necessariamente da omologare, e le manifestazioni “storiche”: quali?
Concludendo, è indispensabile l’effettuazione di corsi di formazione, che diano almeno una base comune sulla quale dialogare, e una maggiore attenzione verso le esigenze di tutti, pistaioli e stradisti.
Occorre veramente intervenire con sostegni economici, ausili didattici e formativi e il coinvolgimento delle famiglie e degli atleti per la nascita di società di atletica leggera, che provvedano alla creazione di un centro di attività sportiva e culturale dai 6 ai 99 anni in cui tutti siano coinvolti e protagonisti: chi vuol gareggiare come agonista tesserandosi alla Fidal, chi desidera partecipare come non competitivo tesserandosi per un EPS concordatario, o anche in Fidal come Amatore; la figura è prevista dallo Statuto, ma è scomparsa dalle categorie tesserabili; tutti comunque con certificato medico, agonistico atletica leggera nel primo caso, non agonistico nel secondo.
Questa può sembrare utopia, ma non lo è: è il superamento di uno steccato di diffidenza che non ha motivo di esistere, l’accettazione consapevole dell’esistenza di due realtà sancite dal CONI, lo sport agonistico e lo sport amatoriale, che devono e possono coesistere.