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Il 13 luglio 1967 sulla salita micidiale del Mont Ventoux, sotto un sole cocente, un segaligno inglese, Tom Simpson, col cappellino storto, saliva faticosamente sempre più piano con una sola monotona frase: “On, on, on…” il Gran Premio della montagna era lì, ma non riusciva a raggiungerlo e non ci riuscì mai, stroncato da un infarto, che non aveva potuto avvertire perché dopato.
Quasi 50 anni fa cominciava la crociata contro il doping, fino ad allora pratica diffusa ed anzi obbligatoria per chi voleva stupire i propri fans ed ancor oggi molto presente in tutti gli sport.
Il RTI dell’Atletica Leggera affronta l’argomento al capitolo 3 dedicandovi ben 43 pagine: non è il caso di scendere nei dettagli, cerchiamo però, per quanto possibile, di far chiarezza su alcuni punti basilari.
Per poter effettuare l’esame antidoping è imprescindibile la Reperibilità; e, naturalmente, l’esame deve essere effettuato entro un lasso di tempo utile per rilevare le sostanze dopanti.
Nel corso delle manifestazioni possono essere effettuati controlli antidoping dalla FIDAL, dal CONI, dalla IAAF e dal Ministero della Salute; le spese nelle gare di Campionato Federale sono a carico della FIDAL; in tutti gli altri casi, anche se trattasi di manifestazioni abbinate a campionati federali, sono a carico degli organizzatori.
Esiste però anche la possibilità di un controllo a sorpresa; è stato rilevato che la pratica del doping avviene maggiormente nelle sedute di allenamento onde consentire carichi di lavoro massacranti, perciò l’atleta deve fornire la propria reperibilità trimestralmente; se non lo fa scatta il deferimento e la sanzione relativa.
La mancata disponibilità, in un intervallo di tempo di 60 minuti, da parte di un atleta per un controllo antidoping è una violazione della normativa e come tale perseguibile come controllo mancato.
Il caso del marocchino Jouad Zain a Carpi è emblematico al riguardo; sarebbe interessante sapere se l’esame antidoping è stato effettuato anche per quanto riguarda il suo connazionale Abderraf Roqti vincitore ufficiale, adesso, della maratona. È questo il limite della crociata antidoping che si sta combattendo: o si fa un esame a tappeto, ad esempio i primi 10 uomini e le prime 10 donne, più 20 a sorteggio, o sarà sempre e soltanto un comodo sistema per tacitarsi la coscienza.
Si consideri poi che accanto ai professionisti del doping ci sono i naif; ricordo una manifestazione, che partiva da un velodromo dove la sera prima si era svolta una gara ciclistica, erano appesi degli avvisi di controllo antidoping. Chissà perché quella mattina al via della gara su strada si presentò la metà degli iscritti, forse qualcuno aveva equivocato.