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Il recente caso Moletto ha aperto la discussione sul fenomeno Sky Running, partendo spesso da pregiudizi e posizioni di parte: ma i fenomeni vanno esaminati obbiettivamente senza preclusioni ideologiche.
Lo Sky Running è un insieme di discipline sportive di corsa in montagna, che si svolgono in ambienti di alta montagna su percorsi come sentieri, morene, rocce o neve (asfalto inferiore al 15%) a quote che possono raggiungere o superare i 4000 metri (Wikipedia).
Le norme FIDAL varate nel 2008 prevedono che “i percorsi di corsa in montagna dovranno svolgersi ad una quota inferiore ai 3000 metri s.l.m.”
Già qui si notano le prime condizioni di conflitto tra le due posizioni.
Dal 2008 le gare di Sky Running sono regolamentate dalla ISF (International Skyrunning Federation) che sostituisce la FSA (Federation for Sport at Altitude), mai riconosciuta in Italia ed entrata solo appoggiandosi all’ Ente di Promozione Sportiva CSEN.
In linea di massima esistono:
SKY da 20 a 50 km, tempo del vincitore massimo 5 ore, SKY RACE dislivello minimo 1140 metri, tempo 3 ore
SKY MARATHON, minimo 30 km, tempo oltre le 3 ore, dislivello minimo 1900 metri
ULTRA SKY MARATHON oltre 52,5 km, tempo 12 ore, dislivello minimo 5000 metri.
E’ considerato anche il VERTICAL KILOMETER , dislivello 1000 metri, distanza massima 5 km.
Nella corsa in montagna FIDAL sono previsti il chilometro verticale con le stesse caratteristiche, e le “Lunghe Distanze” da 15 a 42 km, l’unica differenza è l’altitudine; e non parliamo di Trail e Ultratrail dove è possibile comprendere tutto e il contrario di tutto.
Il fatto che il CONI stia esaminando la questione è significativo della complessità della situazione.
Personalmente ritengo che il CONI sia il capro espiatorio del Ministero dello Sport: i Comitati Olimpici Nazionali sono stati creati nel lontano 1896 per occuparsi degli sport olimpici e non di tutti gli sport esistenti; la stessa atletica leggera olimpica riguarda solo la pista e, sulla strada, solo la maratona e la marcia, tutto il resto non c’entra assolutamente.
La corsa su strada e la corsa in montagna, lo affermo da sempre, dovrebbero avere organismi propri, una Federazione Corsa su strada e una Federazione Corsa in montagna, che si dedicassero con competenza alle relative specialità. Lo stesso caso Moletto ha messo in evidenza la chiara inadeguatezza delle norme studiate per l’atletica leggera, poi estese alle altre specialità. Marco non ha tutti i torti (dal mio punto di vista), semmai c’è un concorso di colpa: l’esame antidoping dovrebbe essere effettuato in zona d’arrivo con una struttura apposita, entro un certo lasso di con la scorta di un giudice per evitare trucchetti; nulla di tutto ciò è possibile in una gara in montagna, non in circuito, che arriva magari a 2000 metri di altezza dopo 20 o 30 km di dura gara.
L’Italia ha quarantamila leggi che pochi conoscono, e spesso non vengono rispettate per “legittima difesa”; la Francia ne ha “solo” 4000: meditate gente, meditate….