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Sono molti i gruppi sportivi che, raggiunta una data tonda della propria attività, decidono di raccogliere e pubblicare le testimonianze del vissuto: ricordi, fotografie, un po’ di nostalgia dei tempi belli quando i 5 a km non erano un obiettivo pazzesco, un po’ di malinconia per chi non c’è più. Questo libro (Di corsa per il mondo. Dodici anni di maratone), firmato da Angelo Marchione in collaborazione con Gianfranco Chiaranda, a nome dei Podisti Astigiani (Asti, Fornaca editore, 172 pagine, 25 euro) è dedicato ai podisti “che cercano un senso nella propria vita e il più delle volte non lo raggiungono”.
Non sarei così pessimista: in quasi mezzo secolo passato su asfalti e sterrati, direi di aver conosciuto centinaia o migliaia di persone cui la vita non aveva dato niente, ma nella corsa hanno trovato quel qualcosa che ha permesso loro di tirare avanti, di mostrare che la propria vita un senso ce l’ha (più di quello di Vasco). A maggior ragione lo si può dire di questi ex-ragazzi, che riprendendo glorie di un passato ormai lontano, risalente al concittadino Valerio Arri medaglia di bronzo alle Olimpiadi del 1920, o tutt’al più alle performances su strada e pista di Gianfranco Toschi (16° nella lista di sempre delle prestazioni, tuttora attivo sebbene fatalmente non a quei livelli), e di Matteo Avataneo campione italiano di maratona nel 1999, a partire dal 2003 cominciarono a partecipare a prestigiose maratone estere (Parigi, Londra e via elencando) e a scoprire volta per volta le 42 italiane, da quelle della loro regione (ma Asti per ora non riesce a organizzarne una!) ad altre più distanti.
Con un progetto di base: divenire ambasciatori della propria provincia e città, l’inventrice del Palio (precedendo Siena), produttrice di vini eccellenti, circondata da colline dolci e riposanti, ispiratrice di poesia. E di solidarietà.
Ecco dunque che, dal primitivo mara-turismo in allegre brigate (a volte distratte, come mostrano i numerosi furti al passivo, di cui si racconta), e poi dal portare, agli amministratori delle località toccate, dei segni tangibili delle ricchezze astigiane (in primis il Moscato), i nostri podisti hanno sviluppato, di concerto con le autorità locali, civili e religiose, una serie di progetti di solidarietà, con al centro dal 2009 “Download”, ovvero l’Albergo Etico, una struttura ricettiva-alimentare in cui impiegare persone affette da sindrome di Down.
Significativa la testimonianza portata nel 2010 a Treviso, città dove in una pizzeria si era avuta una manifestazione di intolleranza nei confronti di una ragazzina Down; gli Ambasciatori ebbero la bella idea di portare quattro dei loro ragazzi a cucinare proprio in quella pizzeria, dimostrando che le “abilità diverse” non sono solo uno slogan eufemistico.
E non è l’unico “Charity Program” (come dicono oltre Oceano) all’attivo: da notare la “Passeggiata nel sociale”, camminata di 5 km fatta nel 2013 che congiungeva tutti i luoghi di Asti destinati alla tutela dei più deboli. O anche la collaborazione con “Idea” per un sostegno sanitario in Uganda, oppure con “Libera” e il “maratoneta della legalità” don Ciotti, grazie a cui si è rimessa in piedi una cascina sequestrata alla mafia, destinandola alle donne “vittime di dipendenze”.
Detto questo (che ovviamente è solo una parte di quello che si potrebbe dire), resterebbero da ripetere alcune delle tante avventure contenute nel libro, poche delle quali hanno avuto - casualmente e a sua insaputa – partecipe chi scrive, come la maratona di Sanremo del dicembre 2007, dove mi permetto di correggere quanto scritto a p. 57: vi si dice che “Gianni Morandi, sostenuto dalla personal trainer Laura Fogli, a 63 anni chiuse con un ottimo 3h 51”. Che la Fogli assistesse dai bordi, può darsi (anche se non la ricordo, né a piedi né in bici o altro); certamente a “sostenere” Morandi per 41 km fu il sottoscritto (fu lui a chiedermi di accodarsi perché il mio ritmo gli sembrava regolare, e ad ogni km mi chiedeva “quanto abbiamo fatto?”); ma avevo la pubalgia, due settimane prima avendo corso la 47 km di Salsomaggiore (dove Morandi si era limitato alla mezza maratona); e all’ultimo km persi contatto, arrivando qualche secondo dietro al Gianni.
Pienamente d’accordo, invece, con le dichiarazioni di eccellenza di Berlino (è dal 1993 che lo scrivo!), e, in Italia, di Reggio e Venezia. Ora è alle porte New York, e certamente gli Ambasciatori sapranno fare il meglio per onorare quell’ “Ordine di S. Secondo” (patrono di Asti) del quale sono stati insigniti.