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Sono Paolo Panunzi di Roma, dove sono nato il 15/01/1962, iscritto alla ASD Gruppo Generali Trieste.
Sono qui con il mio bagaglio di 37 Maratone e 13 Ultramaratone per entrare a fa parte di questo Club.
Ognuna di queste gare è stata per me la vittoria di una scommessa fatta a me stesso il giorno in cui ho deciso di dare una svolta alla mia vita. Una decisione così importante è nata e maturata da un episodio, tanto banale quanto serio: non riuscire ad allacciarmi le scarpe!
Non avevo ancora 50 anni e stavo rischiando, oltre alla salute, un futuro “condannato” a lasciarmi vivere. Non avevo più stimoli a intraprendere qualsiasi attività, perché la mia mole extra-large non me lo permetteva. Dopo l'episodio delle scarpe, ho maturato una decisione: o mi rassegnavo a vivere una esistenza “comoda”, di trovare sempre la scusa pronta per non muovermi. Oppure l'altra alternativa, visto che ormai come un treno ero arrivato al capolinea, era quella di riprendere la corsa, la mia corsa. Ed è quello che effettivamente feci.
Il mio treno riprese a partire. Da quel giorno mi impegnai prima con una sana dieta, a perdere chili. Dopo essere sceso sotto i 100 kg, iniziai a fare le mie prime corse intorno all'isolato, in seguito mi avventurai nel quartiere, fino a trovare il coraggio, con un amico, di arrivare fino al Vaticano.
Fu al ritorno da quella corsa che, emozionato, capii, che potevo farcela. Tutto sarebbe dipeso da me e dalla mia caparbietà. Nei giorni successivi ebbi la consapevolezza di poter partecipare ad una Maratona, da lì ad un anno. Le gare da 10 km e 21 km furono per me la preparazione del debutto dei primi 42 km realizzati a Verona. Mi diedi un nuovo nome per ribadire l'uomo nuovo che stava nascendo in me: The Golden Lion!
Da ragazzo, come molti della mia generazione, la strada è stata la palestra: si giocava a pallone, si andava in bicicletta ad esplorare la città. Dopo i 20 anni iniziai a correre per testare la forza e la resistenza fisica. Ma nelle condizioni in cui mi trovavo alla vigilia dei 50 anni, tutto ciò che avevo fatto negli anni giovanili erano solo ricordi sbiaditi, ai quali pensavo con nostalgia e rammarico.
Quando ripresi a correre, ripensavo spesso ad un sogno giovanile: quanto sarebbe stato bello correre senza fermarsi mai, fino a vedere l'alba, la nascita di un nuovo giorno.
Con i miei nuovi propositi, il sogno stava diventando realtà, avevo una vita nuova, restava da realizzare questo evento.
Il sogno si concretizzò il giorno che feci la 24 Ore a Torino, e prima ancora a Palermo la 12 Ore. Due esperienze che mi permisero appunto, di vedere l'alba e credere nei sogni, e da lì, anche la mia vita aveva avuto una rinascita.
Da allora ho capito che le Maratone e le Ultra sono le gare che mi “calzano” di più.
Non le vivo come competizioni, ma come “viaggi” interiori che faccio ogni volta per stare meglio con me stesso. Spesso ne esco migliore perché capisco i miei limiti, e soprattutto mi rendo conto dell'essenzialità della vita. Mi “spoglio” letteralmente da tanti fardelli, per sentirmi più predisposto a stare ed a vivere con gli altri in maniera semplice e gioiosa.
E' inevitabile che, una volta entrato in questo “mondo”, mi informi e mi interessi degli argomenti sportivi e della corsa in particolare.
Durante le varie Maratone ed Ultra mi è capitato di conoscere gente di ogni parte e specie, fra loro mi incuriosivano molto quelli che correvano con la canotta con il logo dell'Italia.
Mi avvicinai ad alcuni di loro e dai racconti mi si è aperto un mondo, ho capito chi erano e la storia che stava dietro. Da lì un nuovo obiettivo ambizioso: fare parte del Club Super Marathon Italia.
A questo punto mi piacerebbe soffermarmi su un episodio fra tanti, che mi è caro, dimostra quanto questa attività sia diventata “una mia seconda pelle”. Un giorno una ragazza del mio quartiere mi fermò per chiedermi come mai correvo e nello stesso tempo mantenevo un'espressione sorridente.
Io cominciai a parlare con entusiasmo della mia esperienza, mi accorsi durante il racconto degli occhi lucidi della ragazza. Da lì capii quanto la mia passione poteva contagiare positivamente gli altri...
All'inizio della mia “avventura” nel mondo della corsa, ho voluto che mia moglie, quando poteva conciliare i suoi con i miei impegni, mi seguisse nelle “trasferte”. Solo così avrebbe capito cosa significasse per me correre. Anche se non ci sarebbe stato bisogno dato che lei fin dall'inizio mi sostenne nella mia “trasformazione”. Ma vivere insieme quelle esperienze aveva una grande valenza per me. Lei mi seguì, legando alla mia, la sua passione per la fotografia.
Per questo ne ho molte di foto, ma sono convinto che darò loro più valore a distanza di tempo, quando assumeranno un nuovo significato. Insieme alle foto, la compagna di una vita mi regalò anche tutte le parole che mi avrebbe voluto dire, affidandole alle pagine di un libro.
Per me fu una ulteriore dichiarazione di amore: “Dai Piedi al Cuore”, un titolo che racchiude una storia - la nostra – e quella per la passione che mi ha migliorato la vita.
Di questo libro è rimasta una pagina bianca che vorrei scrivere con tutti voi...