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Corrado Mazzetti è uno storico della corsa ed un life coach per tanti corridori, maratoneti ed ultramaratoneti, ma soprattutto per tanti in condizioni di disagio per infortuni, malattie o altro. E’ stato un atleta di ottimo livello e nella vita si può dire che ha incontrato delle situazioni a lui sfavorevoli che lo hanno messo in condizione di fermarsi a causa di incidenti. Ma ogni volta è riuscito a rialzarsi ed a ricominciare con convinzioni positive, credendoci ed impegnandosi.
Corrado è andato sempre oltre l’ordinario ed il razionale, ha voluto sperimentare tecniche nuove, utilizzate in paesi più lontani, da persone più esperte e di diversi approcci. Ora con la sua esperienza può dare tanti consigli a persone che attraversano periodi di disagio, di malattia, di difficoltà
Può essere considerato un coach che ogni pugile vorrebbe avere sul ring nel momento dell’incontro.
Lui stesso ha creato un gruppo facebook dal nome “Il meglio deve ancora venire” https://www.facebook.com/groups/497626423741610/ a cui fanno parte tanti che hanno attraversato momenti bui e che ora cercano di raggiungere obiettivi ambiziosi, quindi credono nelle loro possibilità, hanno credenze positive.
Il gruppo diventa l’angolo del ring dove il pugile si ripara alla fine di ogni round per farsi sostenere dal suo coach, per recuperare, per respirare.
Sono tanti i racconti di Corrado, gli aneddoti, le storie e gli insegnamenti rivolti a coloro che frequentano questo gruppo. Corrado riceve tanti consensi, diventa una risorsa per tante persone.
Uno dei racconti riguarda Johnny Miles (Halifax-Canada 1905-2003): “A 11 anni per aiutare la famiglia lavorava in una miniera di carbone, amava correre e vinse molte gare sulle 5 e 10 miglia.
Nel 1925 venne impiegato da un'azienda di prodotti di drogheria che vendeva su un carro trainato da un cavallo. Per tenersi in forma correva dietro il carro calzando scarpe molto pesanti. Nel 1926 i suoi vicini di casa fecero una colletta per raccogliere qualche centinaio di dollari per mandarlo a Boston a correre la maratona, distanza che Miles non aveva mai corso.
A Boston Johnny conobbe Clarence DeMar, 4 volte vincitore, ed il suo mito, Albin Stenroos, vincitore della Maratona alle Olimpiadi del 1924. Il 19 aprile 1926 Miles si presentò alla partenza con una maglietta fatta a mano con disegnata la foglia d'acero e le lettere NS (Nuova Scozia), ed un paio di sneakers da 98 cents. Stenroos corse la gara su Demar che soffriva le partenze veloci e lo sconosciuto Miles si attaccò alle sue costole, non lo mollò mai, correndo fianco a fianco ad un ritmo molto veloce. L'inchiostro dura più a lungo del ricordo, l'ispirazione svanisce in fretta e Miles era abituato a mettere per iscritto, prima di ogni gara, le sue idee subito dopo averle concepite: ‘Se riesco a stare dietro a Stenroos fino alle collinette, lo posso battere’.
Questo fu il suo mantra quotidiano prima della gara e durante la gara. Giunti infatti alla Heartbreak Hill, Miles guardò in volto Stenroos, uno sguardo al tempo stesso di sfida e di scusa, se ne andò via come un treno, lo seminò andando a vincere con uno strepitoso 2:25:40. Stenroos arrivò dopo 4 minuti e DeMar dopo quasi 7 minuti. Il tempo veloce di Miles spinse i giudici a misurare di nuovo il percorso che risultò più corto di 161 metri, ma nulla tolse all'impresa del ragazzo di Halifax che tornò a vincere a Boston anche nel 1929. Scrivere e disegnare il proprio sogno, in qualunque situazione, aiuta ad essere più consapevoli. Non vi renderete mai conto di quante buone idee avete finché non vi abituate ad annotarle, leggerle, rileggerle, visualizzarle ed immaginare come vi sentirete dopo averle realizzate.”
Racconto interessante che trasmette anche utili insegnamenti sul progettare gli obiettivi, sul fissarli attraverso lo scrivere e sull’immaginare di raggiungerli. Io stesso utilizzo un modello di intervento che ho definito con l’acronimo O.R.A.: Obiettivi, Risorse ed Autoefficacia. L’idea è scaturita dall’integrazione di aspetti della Psicologia dello Sport e tecniche della Psicoterapia della Gestalt. Gli aspetti della psicologia dello sport che ho considerato di primaria importanza sono il goal setting (formulazione degli obiettivi) e l’autoefficacia di Bandura.
Fissare obiettivi limitati, raggiungibili e progressivamente più ambiziosi è uno dei modi migliori per aumentare l'autoefficacia dell'atleta.
Utilizzando il modello O.R.A. si definisce chiaramente l’obiettivo temporale e le risorse per raggiungerlo. E’ importante riuscire a vedersi con l’obiettivo raggiunto, indossare l’obiettivo raggiunto. Si chiede di immaginarsi poi avanti nel tempo con l’obiettivo raggiunto: come te lo immagini? Come ti vedi avendo già raggiunto l’obiettivo? Dove? Con chi? Come ti senti? Com’è stato raggiungere l’obiettivo? Cosa hai fatto? Chi ti ha aiutato? Quali sono state le tue risorse? Come hai iniziato? Da dove sei partito? Quali difficoltà hai incontrato? Come le hai superate?
Si procede con un lavoro sul futuro per poter sperimentare di andare a vedersi nel raggiungimento dell’obiettivo in modo efficace, invitando la persona ad immaginare vividamente come potrebbe sperimentarsi nel futuro. Gli atleti raggiungono una maggiore consapevolezza delle risorse, qualità, caratteristiche necessarie che gli occorre per affrontare la prestazione e si sentono pronti ad affrontare la prestazione imminente.