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Fausto Parigi è un ultramaratoneta 52enne ligure, che ha al suo attivo 30 prestazioni ultra in 22 manifestazioni per un totale di ben 4641 km percorsi. Ha iniziato l’atletica a 40 anni, si è tesserato prima nel 2006 con l’Ass. Pro Sport San Pietro Sanremo e poi dal 2011 con Sanremo Runners. Nonostante quest’approccio non proprio giovanile, il medico sanremese si è tolto la soddisfazione di vestire la maglia azzurra in una specialità dura dell’ultramaratona, la 24 ore. Lo abbiamo intervistato per comprendere le motivazioni che spingono un uomo con un’occupazione sicura, una bella famiglia, ad affrontare delle “ciclopiche” fatiche, che pare lo appassionano tanto da tentare di superare sempre nuovi limiti. Premettiamo la sua scheda:
NOME Fausto COGNOME Parigi DATA DI NASCITA 21/09/1964 ALTEZZA M 1,77 PESO KG 69 SOCIETÀ Sanremo Runner FREQ. CARD. 42 bpm SPECIALITÀ ultramaratona TITOLO DI STUDIO laureato in medicina, specialista in anestesia e rianimazione PROFESSIONE medico presso ospedale di Sanremo STATO CIVILE coniugato con 2 figli |
RECORD PERSONALI | |||||||
GARA | TEMPO | LUOGO | DATA | GARA | TEMPO | LUOGO | DATA |
5˙000 m | 17’21”39 | Camporosso (IM) | 11/07/2007 | 6 h | 77˙548 m | Seregno (MI) | 21/09/2008 |
10˙000 m | 35’55”1 | Camporosso (IM) | 28/04/2006 | 8 h | 89˙328 m | Capraia Fiorentina (FI) | 04/10/2008 |
21,097 km | 1h17’40” | Alessandria | 10/2006 | 12 h | 132˙565 m | S. Giovanni Lupatoto (VR) | 26/09/2015 |
42,195 km | 2h42’38” | Napoli | 2007 | 24 h | 230˙240 m | Cesano B. (MI) | 12/03/2017 |
50 km | 3h24’34” | Sanremo (IM) | 21/10/2007 | 48 h | 324˙416 m | Pignola (PT) | 04/07/2015 |
100 km | 8h23’24” | Tuscania (VT) | 08/11/2008 | 6 giorni | 790˙965 m | Policoro (MT) | 11/06/2016 |
L’INTERVISTA
Cosa ti ha spinto a diventare “ultramaratoneta”? È stata inizialmente una sfida con me stesso, poi un modo diverso di vivere la mia passione per la corsa. Ho iniziato a dedicarmi al running a 40 anni: per circa 3 anni ho corso solo come allenamento senza pensare alle gare. Poi, nel settembre del 2006 ho fatto il mio primo 10˙000 m; il mese dopo la mezza maratona, e a gennaio del 2007 la prima maratona. Purtroppo i risultati sono stati troppo buoni all’inizio; esordire a 43 anni sulla Regina con 2h45’ implica che per migliorare dovresti fare un lavoro enorme. Così ho iniziato a intensificare allenamenti, dieta; i rapporti con la famiglia e gli amici sono peggiorati, la ricerca del risultato è diventata ossessiva, gli infortuni frequenti erano l’unico momento di astensione dall’attività sportiva.
Poi la svolta. Nel maggio 2008 affronto il Passatore, canotta e pantaloncini, nessuno al seguito, nessun cambio, nulla. come se avessi dovuto fare 10 km in allenamento: con l’obiettivo di stare sotto le 8 ore. Scollino in 3h56’ e appena mi lancio in discesa, ahimè, crampi ai quadricipiti, a malapena riesco a camminare, penso di ritirarmi; ma qualcosa mi spinge a proseguire, arrivo dopo altre 5 ore a Faenza, finita la discesa ero riuscito di nuovo a corricchiare, in quelle 5 ore non avevo più guardato il cronometro, avevo guardato dentro me stesso per trovare la forza e le motivazioni per arrivare al traguardo, avevo guardato ciò che c’era intorno a me, cosa che non mi era successa prima; se mi raggiungeva o se raggiungevo qualcuno, non era una posizione guadagnata o persa, ma un amico con cui scambiare due parole e fare un pezzo di strada assieme. Sono arrivato quel giorno, anzi quella notte, a Faenza, completamente cambiato da come ero partito da Firenze.
Da allora mai più maratone. Una 6 ore con discreto risultato e poi a Capraia Fiorentina la mia prima vittoria. Subito dopo infortunio e lungo stop. Nel 2009 non corro, nel 2010 in una corsa di paese, di nuovo crampi in discesa e l’”ebbrezza” di arrivare ultimo! Ho pensato che forse era meglio smettere. Nel febbraio 2011 vacanza con famiglia a Fuerteventura. La mattina mi sveglio alle ore 6.00 mentre tutti dormono, esco a corricchiare, faccio 20 km, il pomeriggio altri 10 km con mia moglie, ritmi da 6’-6’30” a km, ma a fine settimana mi ritrovo con 180 km all’attivo e non sono nemmeno stanco!
Rinasce allora in me la voglia di gareggiare: Torino-Roma, 24h a Fano. Due ritiri che assolutamente non mi demoralizzano. Gennaio 2012 a Piancavallo 12h indoor, arriva insperata una bellissima vittoria, rimarrà l’unica dell’anno, ma i risultati delle successive 24 ore mi consentiranno l’anno successivo di vestire la maglia azzurra. Dopo il Mondiale decisamente deludente a Monaco, vinco la mia prima 24h. Poi un 2014 fatto di ritiri e delusioni mi spinge, il giorno del mio 50° compleanno, a pensare a un ritiro dall’attività agonistica. Continuo a correre ma solo per allenamento, giusto per non prendere troppo peso (10 kg sopra rispetto a 7 anni prima).
Poi, una metanalisi retrospettiva della mia carriera; penso all’insegnamento di un grande ultramaratoneta, Lucio Bazzana, e mi dico: io fino a oggi ho sempre corso con le gambe e con il cuore, forse è giunto il momento di correre con la testa. Seneca sosteneva che la fortuna non esiste, esiste solo il talento che incontra l’opportunità. Ed ecco che ho pensato a un altro grande, Antonio Tallarita, occorre anche aver talento nel scegliere quali siano le giuste opportunità!
Un 2015 con 3 gare e 3 vittorie, 12h, 24h, 48h; 2 titoli italiani, il personale su tutte e tre le distanze: un anno irripetibile. A marzo, a Cesano Boscone, la fortuna mi ha consegnato il titolo più prestigioso della mia carriera agonistica.
Qual è la gara estrema che più ti affascina e perché? La 24 ore è la gara che mi ha regalato maggiori soddisfazioni, ma quella che mi affascina di più è la 6 giorni. Ci ho provato ben quattro volte, ma solo lo scorso anno sono riuscito a portarla a termine. A differenza di competizioni più corte, lì devi gestire anche il sonno e sei integralmente preso dalla gara. In una 6 giorni tu non corri per vivere, né vivi per correre, semplicemente la corsa è la tua vita!
Il risultato ripaga sempre lo sforzo profuso? La fatica si autoripaga, concetto difficile da esprimere, è come una catarsi, ti trasforma in una persona nuova, lo sforzo ti rende consapevole che ciò che stai facendo è tuo e te lo stai meritando; quando la tua mente trascende la sofferenza fisica e ti porta a superare quelli che tu credevi fossero i tuoi limiti, ti ritrovi più forte di prima. Lo sconsiglio pertanto a persone che già hanno un’esagerata autostima.
Ti piace il trail running e perché? Il mio rapporto con il trail è molto semplice, lo faccio una volta a settimana in allenamento, ma non mi stimola affrontarlo in gara; la discesa è troppo impegnativa, la temo, dovrei rimanere troppo concentrato a vedere dove metto i piedi.
Per fare una 100 km quante volte occorre allenarsi a settimana per terminare la prova senza accusare malori e comunque essere in grado nel giro di pochi giorni di ritornare a correre? Ritengo che l’allenamento sia importante, ma anche che, di regola, ci alleniamo troppo: anzitutto bisognerebbe capire se si è o no portati a fare certe cose. Poi, una volta capite le nostre potenzialità, affrontare una 100 km con i giusti ritmi e soprattutto riposati.
In genere il corridore corre e basta, e partecipa alle gare domenicali. Poi c’è chi fa dei lavori più specifici, tipo ripetute, fartlek, interval training. È importante anche inserire esercizi di tecnica di corsa, andature per l’atleta ultra? Per me corsa = divertimento, fare i lavori ha molto più senso per preparare le gare fino alla maratona; poi più le distanze si allungano, più l’allenamento diventa personale. Che lungo potrai mai fare per preparare una 6 giorni? Se poi correrai massimo a 6’ al km, ripetute di 7x1000 m a 3’50” al km con 3’ di recupero saranno utili. Forse allora converrà correre digiuni senza bere e mangiare per 3 ore oppure stanchi e assonnati per prevedere le situazioni in gara. O forse scendere sulla pista ciclabile, andare come ti portano le gambe al ritmo e per il tempo che quel giorno puoi tenere?
Conta più la mente, il fisico o il cuore nella sportiva vita di un ultramaratoneta? Se non hai il fisico puoi correre lo stesso, se non hai la mente, allora correrai male, ma se non hai il cuore non avrai mai voglia di fare un’ultra.
In famiglia altri condividono la tua passione o in questo senso vivi isolata? Mia moglie corricchia, usciamo insieme una volta a settimana. Diciamo che a volte “supporta” e a volte “sopporta” la mia passione per l’ultramaratona.
La gara più bella: racconta. Tecnicamente la Self Trascendence di Cesano Boscone e la Lupatotissima. Ma ‒ come avrai capito ‒ quel Passatore… l’unica gara che prima di morire rifarei.
Il calendario è sempre più fitto: tante gare, tanti atleti partecipanti. In fondo gli episodi drammatici di incidenti, infortuni, morti sono ridotti. Cosa ne pensi? Per conto mio il vero pericolo è affrontare i trail specie di notte e con cattivo tempo, in questi casi la possibilità di avere incidenti pericolosi aumenta. Poi ‒ intendiamoci ‒ ogni volta che muore qualcuno che fa attività sportiva s’inizia una crociata. Muore anche gente sul divano mentre guarda l’Isola dei famosi. Ma di loro le cronache non parlano!...
Ogni manifestazione ha un suo Regolamento, ma non sempre viene rispettato quanto in esso contemplato; per esempio, ristori, spugnaggio, segnaletica sul percorso a volte lasciano alquanto a desiderare. Come operare al fine di rendere maggiormente fruibile l’evento? Se una gara risulta inadeguata a oggi, con i social, passaparola, ecc., avrà vita breve.
Nella maratona ci sono 12’28” di differenza tra il record maschile e quello femminile. Allungando la distanza il divario aumenta. Ma la donna possiede delle qualità di resistenza e di predisposizione alla fatica non certo inferiori all’uomo. Allora influisce in ciò il fattore che l’universo femminile si è dedicato più tardi dell’uomo oppure? Matematica alla mano, sui 1˙000 m ci sono 17 secondi, sui 5˙000 m 90 secondi, sui 10˙000 m ci sono 180 secondi, sui 21,097 km ci sono 400 secondi, sui 42,195 km ci sono 750 secondi: mi sembra che il rapporto distanza tempo sia costante. Poi fino a una decina di anni fa e più il doping ormonale ha diminuito le distanze. Ora che il doping è orientato verso altri principi, gli uomini forse hanno maggiori vantaggi.
Non ritieni che quella degli integratori sia una moda? Penso che un poco servono, ma che se ne abusi. Sse giri sui social c’è il pieno di “santoni”, che con certificati alla mano sono personal trainer, fisioterapisti, nutrizionisti, molti atleti hanno sponsor per cui postano prodotti ogni piè sospinto... ci creiamo convinzioni e necessità superiori al reale per situazioni assolutamente normali.
Nel nostro paese è ancora poco considerato il valore formativo dell’attività sportiva. Cosa fare per migliorare la situazione? Storicamente e culturalmente siamo lontani. Forse nel periodo fascista lo sport era vissuto e sostenuto in maniera eccessiva, ma ora proprio non viene considerato.
Nel mondo dell’atletica leggera stiamo assistendo all’”onda africana”: nel settore velocità c’è un dominio di atleti giamaicani; nel mezzofondo di atleti keniani ed etiopi. Ma allora perché gli africani ancora non sono riusciti a eccellere pure nel mondo ultra? Quando ciò potrà realizzarsi? Ritengo che la genetica abbia la sua parte, ma sicuramente i nostri giovani con voglia di fare atletica siano sempre meno. Dove non ci sono soldi corrono solo i dilettanti. Nel trail ci sono gli sponsor, ma gli africani sono pubblicitariamente poco remunerativi. Allora perché un atleta che guadagna diecimila euro in una maratona deve mettersi a fare una 100 km dove ne guadagna mille, o una 12 ore dove non incassa nemmeno i soldi che ha speso per l’iscrizione. Io lo dico a tutti se a Cesano Boscone nella 24 ore ci fossero stati 5˙000 euro di premio, non sarei arrivato nei primi 20! Se ci fosse un circuito di ultra con sponsor, premi in denaro consistenti, basterebbero pochi maratoneti di seconda fascia, gente da 2h15’ per fare “neri” tutti i bianchi!