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Mi è stato letto da amici un articoletto comparso su Podisti.Net, a proposito della trascorsa Corrida di san Geminiano.
L'ho trovato pieno di malevolenza, di frasi stizzose e offensive, arbitrarie e presuntuose, sempre nella certezza da parte dell'autore di essere depositario d'una verità evidente ed assoluta; é sempre meglio insolentire, ostentare un orgoglioso disprezzo a buon mercato degli accattoni, dei miseri e di altre lusinghiere cosette del genere, un po' di sdegno morale è così rassicurante... magari coprendo il tutto con una pretenziosa veste letteraria.
Ma le citazioni manzoniane, anche se un po' tirate per i capelli, i riferimenti a Montanelli, agli espropri proletari, alla democrazia anni Cinquanta, il paragone con l'autostrada, anche se non calzante, sortiscono l'effetto d'un deodorante su chi non si lava, l'olfatto non ci guadagna.
Beh, ho pensato in un primo momento, mica devo prendermela io, gli altri sapranno pur giudicare... ma sbagliavo.
Non ho gradito per niente il riferimento a quel "terzetto di persone che s'impegnano e che accompagnano i ciechi".
Sono certo che molti podisti conosceranno per nome Massimo, Flavio e Angelo, ma potevano essere Ermanno Pavesi, Paola Bernini, Manila Grenzi, sono sicuro che come l'autore del "graffiante" articolo, sapranno che io sono un individuo ben preciso, non un'anonima categoria o una spersonalizzante collettività, e che quel che ci lega è un rapporto di sincera amicizia, non quello d'assistente sociale ed assistito.
Ho passato parte della mia vita a confutare nella pratica queste insolenti ed aberranti categorizzazioni, eppure...ma allora, che fare, che dire, cosa rispondergli, ammesso che fosse proprio il caso?
Per fortuna, quando mi sono reso conto che in nessun caso era tollerato il minimo dissenso, la pur minima manifestazione d'un pensiero diverso, che la zona transennata era stata scambiata per un intoccabile ranch Texano, quando sono giunto alla lapidaria frase finale "Dio perdona, io no", allora ho capito che no, non dovevo intervenire, non ne valeva la pena.
L'immagine del pistolero "spaghetti western" che mi si è parata davanti agli occhi, (questa sì, e non i pochi secondi in più al chilometro è forse il segno d'una senescenza acida e mal digerita) mi ha fatto scuotere la testa e aprire le braccia in segno di sconforto... e allora, ad alleviare la mia desolazione, è venuta in mio soccorso la saggezza dei miei nonni cremonesi, della loro figlia centenaria, condensata nelle loro ruvide ma assai opportune espressioni d'innanzi a tutto ciò che va oltre il buon gusto, il buon senso e la misura: lo sdegnoso e sprezzante "oà!" della nonna e il più bonario ma non meno esplicito e pedagogico monito di mia madre: "raglio d'asino non sale al cielo".
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